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Movimento "LA NUOVA RESISTENZA 25 MARZO 2011". Partigiani sempre.

Movimento "LA NUOVA RESISTENZA 25 MARZO 2011". Partigiani sempre.
Partigiani sempre

venerdì 29 giugno 2012

Il vertice Unione Europea regala ai mercati la stabilità rubata ai lavoratori.



Al vertice Ue vi è stato un accordo sull'anti-spread.
Monti ha piegato anche la Merkel, non solo la nostra casta.
Il Consiglio Europeo 2012 a Bruxelles, ha parlato di  banche, finanza, Fondo Salva Stati, stabilizzazione dei  mercati.
L'Eurozona avrà così un meccanismo per stabilizzare i mercati, ma gli italiani in cambio vivranno di precarietà e a presto anche sotto pagati come in Cina.
Secondo voi dove andrano a finire gli oltre 120 miliardi di euro, previsti per rilanciare il lavoro.
Ne sono certo alle banche !!
Le stesse che per far quadrare i conti iniziano a licenziare.

Vi riporto le principali novità della Riforma del lavoro:

Licenziamenti ed ammortizzatori sociali
Stabilito in che modo la riforma del lavoro apporterà novità in materia di assunzioni e gestione dei rapporti contrattuali, cerchiamo infine di comprendere quando e in che modo le aziende potranno licenziare:

Licenziamenti discriminatori: si tratta di licenziamenti relativi ai lavoratori che vengono allontanati dall’azienda a causa delle proprie idee o delle proprie attività svolte all’interno o al di fuori del luogo di lavoro (ad esempio, l’affiliazione sindacale, o la partecipazionea uno sciopero, o ancora regioni di sesso, razza, lingua, religione).
La risoluzione del contratto per accertamento di licenziamento discriminatorio sarà nulla: il lavoratore verrà reintegrato sul suo posto di lavoro o, in alternativa, potrà optare per un indennizzo.

Licenziamenti disciplinari: si tratta del licenziamento relativo a un giustificato motivo soggettivo e una giusta causa, dovuta alla violazione degli obblighi disciplinari.
La violazione dovrà tuttavia essere di significativa entità, poichè l’allontanamento del lavoratore sarà la sanzione più pesate tra tutte quelle che il datore potrà comminare.
Se il giudice accerta la mancanza di una giusta causa, potrà alternativamente optare – in virtù dell’estensione del modello tedesco – per il reintegro o per l’indennizzo con un numero di mensilità compreso tra le 15 e le 27.

Licenziamento per motivi economici: si tratta del licenziamento a causa di giustificativi motivi economici, come accade per esigenze tecniche, organizzate e produttive che possano condurre l’impresa a sopprimere uno o più posti di lavoro, entro il limite di 4. oltre questa soglia scatta infatti il licenziamento economico collettivo, regolato con latra procedura.
Se il giudice accerta tuttavia la mancanza della giusta causa oggettiva economica, è previsto solo un indennizzo per 15 – 27 mensilità.
In termini meno sintetici, i licenziamenti per motivi economici sono quelli intimati per un giustificato motivo oggettivo, ovvero per ragioni connesse all’andamento economico dell’impresa e al suo assetto organizzativo. Con la nuova versione dell’articolo 18, se il giudice ritiene che non ricorrano gli estremi del giustificato motivo oggettivo, non è tenuto a riconoscere il diritto alla reintegrazione sul posto di lavoro.
Il giudice – con la sentenza che annulla il licenziamento – si limita a dichiarare comunque risolto il rpaporto di lavoro dalla data del recesso, riconoscendo al lavoratore il diritto a una indennità risarcitoria, determinata dallo stesso giudice.
In merito, si tenga conto che i licenziamenti dovuti a motivi economici non necessariamente tendono a ricadere nella discipina del giustificato motivo oggettivo.
Se infatti, come riportato recentente da un approfondimento in materia da parte de Il Sole 24 Ore, “l’impresa intende licenziare almeno 5 lavoratori, si applica la procedura di licenziamento collettivo disciplinata dalla legge 223/1991.
Questa procedura è molto rigorosa, e in alcuni casi ricollega a semplici violazioni di carattere formale alcune conseguenze molto pesanti, come l’inefficacia del licenziamento.
Al fine di attenuare il rigore formale della legge, la riforma Fornero interviene su alcuni passaggi cruciali della procedura”. Innanzitutto, è previsto che eventuali vizi della comunicazione preventiva possano essere sanati con accordo collettivo, siglato durante la proceduta, e ponendo così fine a potenziali contestazioni che possono nascere nel contesto in questione.
Inoltre, la riforma “coordina alcune norme della legge 223/1991 con il nuovo regime sanzionatorio previsto per i licenziamenti individuali.
Viene precisato che il licenziamento intimato, all’esito di una procedura di riduzione del personale, senza forma scritta è soggetto alle regole del licenziamento discriminatorio, quindi è sanzionato con la reintegra e il pagamento di un risarcimento pari a tutte le retribuzioni che sarebbero spettate dal recesso sino alla ripresa del lavoro” – prosegue il quotidiano.
Le novità sull’impugnativa dei licenziamenti. 
Le novità della riforma Fornero abbracciano ovviamente anche la normativa sull’impugnativa dei licenziamenti, con uno strsumento processuale rinnovato, ma riservato – sostiene Il Sole 24 Ore. “alle sole domande che hanno ad oggetto l’impugnazione dei licenziamenti e l’eventuale connessa qualificazione formale del rapporto di lavoro sottostante, restando escluse, viceversa, tutte le domande che abbiano un contenuto diverso e che non siano fondate sugli stessi fatti costitutivi”.
In seguito al deposito del ricorso che dà il via al giudizio, il giudice fissa l’udienza di comparizione delle parti entro 40 giorni, assegnando alla difesa ricorrente un termine per la notifica del ricorso non inferiore 25 giorni prima dell’udienza, e 5 giorni per la parte resistente.
“All’esito dell’udienza, per la quale si prevede che, omessa ogni formalità non essenziale al contraddittorio, il giudice provveda unicamente agli atti di istruzione ritenuti indispensabili alla definizione della causa, viene emessa l’ordinanza di accoglimento o di rigetto.
L’ordinanza di accoglimento è immediatamente esecutiva e non può essere sospesa o revocata fino alla conclusione dell’eventuale giudizio di opposizione” – precisa il quotidiano.
Si tenga altresì conto che contro l’ordinanza di accoglimento o di rigetto può essere proposta opposizione entro 30 giorni dalla notifica del provvedimento o dalla sua comunicazione se anteriore, mediante ricorso che contenga i requisiti di cui all’art. 414 del Codice di procedura civile.
“Il giudizio si conclude con la sentenza, senza che sia prevista la previa lettura del dispositivo, che deve essere depositata contestualmente alla motivazione entro 10 giorni dall’udienza di discussione, con evidente abbattimento dei tempi processuali rispetto ai 60 giorni previsti per il deposito della sentenza motivata nel procedimento ordinario del lavoro” – prosegue il giornale.
Ma non è finita qui, poichè contro tale ultima sentenza è ammesso reclamo in Corte d’Appello, anch’esso da depositare entro 30 giorni dalla notificazione della sentenza e, a sua volta, ricorribile in Cassazione entro 60 giorni dalla notifica o comunicazione.

Ammortizzatori sociali. 
Per quanto concerne i supporti sociali, i nuovi ammortizzatori sociali poggiano soprattutto sull’Aspi (Assicurazione sociale per l’impiego), sulle tutele già consolidate (Cigo, Cigs, fondi di solidarietà) e sugli strumenti di gestione degli esuberi strutturali.
L’Aspi, in particolare, sarà estesa a tutti i soggetti coperti in caso di disoccupazione involontaria, con convergenza per quanto concerne importi e durata, a confronto con gli attuali trattamenti di disoccupazione ordinaria e mobilità. In termini più trasparenti, l’Aspi sostituirà l’indennità di mobilità, la disoccupazione ordinaria non agricola, la disoccupazione con requisiti ridotti e l’indennità di disoccupazione speciale edile, includendo apprendisti e artisti, che oggi esclusi dall’applicazione di qualsiasi strumento di sostegno del reddito.
Il sussidio Aspi avrà una durata massima di 12 mesi con i lavoratori con meno di 55 anni, 18 mesi per quelli più anziani. L’importo sarà pari fino a 1.200 euro mensili.
Prevista altresì la possibilità di erogare una sorta di “Mini Aspi”, destinata a sostituire l’attuale indennità di disoccupazione con requisiti ridotti, calcolata nel 2013 con il nuovo metodo con riferimento al 2012, della durata di un anno.
A partire dal 2014, verrà abolito il riconoscimento della Cig per esigenze non connesse alla conservazione del posto di lavoro. Verranno inoltre portate a regime le estensioni dell’ambito Cigs rinnovate annualmente: imprese del commercio tra 50 e 200 dipendenti; agenzie di viaggio sopra i 50; imprese di vigilanza sopra i 15. Estesa a tali settori la contribuzione di 0,9 punti percentuali.

Fonte: http://www.vostrisoldi.it/articolo/riforma-del-lavoro-2012-tutte-le-novita-dai-contratti-ai-licenziamenti/56267/4/

Casta: il Senato non taglia il numero dei parlamentari




Nulla di fatto per la riforma che avrebbe dovuto tagliare il numero di parlamentari dagli attuali 945 (Camera e Sanato) a 758 unità. Neanche sette giorni addietro il Senato sembrava indirizzato verso l’approvazione, tuttavia l’inclusione di altre riforme costituzionali nel ddl ha condotto allo stallo legislativo; per la gioia dei nostri politici che per l’ennesima volta sembrano averla scampata.


Il famigerato taglio dei parlamentari non ci sarà. Carlo Vizzini si è dimesso da relatore per le riforme costituzionali; ancora una pagina molto triste per la politica italiana da consegnare alla storia. Mentre si è trovata la maggioranza per la riforma del lavoro e per il Senato federale, viceversa il disegno di legge che comprendeva anche la riduzione, seppur lieve, del numero di parlamentari, si è miseramente arenato. La causa del fallimento è apparentemente riconducibile all’inclusione di altre riforme nel ddl (come il semipresidenzialismo), fortemente volute da Lega e Pdl.


Bisogna tuttavia rilevare che a Palazzo Madama non ci sono state scene di disperazione neanche tra le altre fazioni politiche, per il fallimento di una riforma che avrebbe potuto risollevare di qualche punto percentuale la fiducia degli Italiani nell’attuale classe politica. Credo che tanti Senatori abbiano tirato un sospiro di sollievo, in spregio al popolo italiano, al quale invece si continuano a chiedere cruenti sacrifici economici per “salvare la baracca”.

Si ha come la sensazione che siano gli stessi partiti a voler autocelebrare il proprio funerale e quello della politica italiana in genere; perché questi comportamenti dimostrano come i nostri politici siano abili solo a chiedere austerità, ma nel momento in cui essi dovrebbero dare il buon esempio, trovano sempre una via di fuga dalle responsabilità. Continuando di questo passo gli Italiani perderanno anche quel residuo di fiducia nelle Istituzioni, e cercheranno risposte nell’antipolitica, come unica quanto disperata soluzione per i malanni del nostro Paese.
Casa originale di questo articolo




lunedì 25 giugno 2012

TUTTA COLPA DEI PARTITI !!



TUTTA COLPA DEI PARTITI !!
LORO CI HANNO REGALATO A MONTI E FORNERO,  QUESTI CI REGALANO ALLE BANCHE CENTRALI.
QUESTI PROFESSORI,  CI STANNO SVENDENDO ALLE BANCHE CENTRALI CHE SONO SOCIETA' PER AZIONI PRIVATE, LE QUALI STAMPANO NUOVI SOLDONI.
QUESTI SOLDONI VENGONO PRESTATI  ALLE BANCHE ITALIANE  A TASSI BASSISSIMI, E  A LORO VOLTA INVESTONO  COMPRANDO  IL DEBITO SOVRANO.
MORALE,  IL POPOLO ITALIANO CONTINUA AD INDEBITARSI CON I CAPITALISTI CHE SIEDONO DIETRO LE BANCHE CENTRALI.
SECONDO GIACINTO AURITI, LE BANCHE CENTRALI RICAVANO PROFITTI DALL'EMISSIONE DI CARTAMONETA;  QUESTO E' IL SIGNORAGGIO CHE ALIMENTA IL DEBITO PUBBLICO.
IL GOVERNO MONTI E' SOSTENUTO DAI PARTITI PER PROTEGGERE QUESTO SISTEMA .
I PARTITI  DANDO LA FIDUCIA A MONTI SALVANO LE BANCHE E AFFONDONO IL POPOLO ITALIANO.
NOI ITALIANI  PAGHIAMO IL DEBITO CHE I POLITICI HANNO ALI MENTATO.
LA MAGGIORANZA CHE HA VOTATO LA RIFORMA DELLE PENSIONI ORA  APPROVERA’  LA RIFORMA DEL LAVORO.
QUESTI SIGNORI DOVEVANO ANDARE A CASA !!
ORA E’ TROPPO TARDI !!
HANNO AFFOSSATO I PENSIONATI, VENDUTO L'ITALIA PIU' BELLA, IL MONOPOLIO, ALIMENTATO LA PRECARIETA’, RIDOTTO GLI AMMORTIZZATORI SOCIALI E INDEBITATO L'ITALIA FINO AL COLLO.
AD OTTOBRE QUANDO VOTEREMO, RICORDATEVI BENE IL VOLTO, NOME E SCHIERAMENTO DI QUESTI PEZZI DI M..........


Ecco tutte le novità, dall'Art.18 ai contratti

Dalle nuove norme sui licenziamenti, che vengono resi un po' più facili, ai contratti a tempo passando per le nuove forme di sostegno a reddito (Aspi) e per l'introduzione del salario base per i lavoratori subordinati: sono queste alcune delle novità principali del ddl di riforma del mercato del lavoro che oggi ha ottenuto il via libera del Senato e ora passa all'esame della Camera.

Ecco le misure chiave.

ART.18, ARRIVA LA RIFORMA. Addio reintegro automatico in caso di licenziamento per motivi economici. Prevista in alcuni casi un'indennità risarcitoria. La procedura di conciliazione, obbligatoria in questo primo caso, non potrà più essere bloccata da una malattia "fittizia" del lavoratore. Uniche eccezioni saranno maternità o infortuni sul lavoro. Resta sempre nullo invece il licenziamento discriminatorio intimato, per esempio, per ragioni di credo politico, fede religiosa o attività sindacale. Nei casi dei licenziamenti disciplinari (giusta causa o giustificato motivo soggettivo) ci sarà minor discrezionalità del giudice nella scelta del reintegro, che sarà deciso solo sulla base dei casi previsti dai contratti collettivi e non più anche dalla legge.

CONTRATTI A TEMPO. La durata del primo contratto a termine, che può essere stipulato senza che siano specificati i requisiti per i quali viene richiesto (la causale), sarà di un anno. Le pause obbligatorie fra uno e l'altro salgono dagli attuali 10 giorni per un contratto di meno di 6 mesi a 20 giorni e a 30 per uno di durata superiore. Il Parlamento ha reso più soft quanto previsto dal governo. - APPRENDISTI. Arrivano norme più stringenti, anche se il Senato ha allentato un po' i vincoli previsti dal ministro Fornero. Sarà infatti sempre possibile assumere un nuovo apprendista, ma i contratti in media dovranno durare almeno 6 mesi e cambia il rapporto con le maestranze qualificate.

CO.CO.PRO, DA SALARIO BASE A UNA TANTUM. Definizione più stringente del progetto con la limitazione a mansioni non meramente esecutive o ripetitive e aumento dell'aliquota contributiva di un punto l'anno fino a raggiungere nel 2018 il 33% previsto per il lavoro dipendente. Lo stipendio minimo dei co.co.co dovrà poi fare riferimento ai contratti nazionali di lavoro. Si rafforza l'attuale una tantum per i parasubordinati. Ad esempio, chi ha lavorato 6 mesi potrà avere oltre 6mila euro.

P.IVA, STANARE LE FALSE. La durata di collaborazione non deve superare otto mesi (6 nel ddl originario); il corrispettivo pagato non deve essere superiore dell'80% di quello di dipendenti e co.co.co (75% nel ddl); il lavoratore non deve avere una postazione "fissa" in azienda: non si può avere una scrivania insomma ma il telefono sì. Le partite Iva che hanno un reddito annuo lordo di almeno 18mila euro sono considerate vere.

ASPI. La nuova assicurazione sociale per l'impiego parte nel 2013 e sostituirà a regime, nel 2017, l'indennità di mobilità e le varie indennità di disoccupazione. Ne potranno usufruire oltre i lavoratori dipendenti anche gli apprendisti e gli artisti. La contribuzione è estesa a tutti i lavoratori che rientrino nell'ambito di applicazione dell'indennità. L'aliquota sarà gravata di un ulteriore 1,4% per i lavoratori a termine. Sarà possibile trasformare l'indennità Aspi in liquidazione per poter così avere un capitale e avviare un'impresa. Il lavoratore che però rifiuta un impiego con una retribuzione superiore almeno del 20% rispetto all'indennità che percepisce perde il sussidio.

JOB ON CALL, BASTA UN SMS. Per attivare il lavoro a chiamata basta un sms alla Direzione provinciale del lavoro. In caso di mancato avviso l'azienda rischia da 400 a 2400 euro di multa. Il job on call sarà libero per under 25 e over 55.

EQUITA' GENERE - Norme di contrasto alle dimissioni in bianco e il rafforzamento fino a tre anni di età del bambino del regime di convalida delle dimissioni rese dalle lavoratrici madri (al momento è un anno). Viene introdotto il congedo di paternità obbligatorio ma solo per un giorno e due facoltativi, che però si sottraggono ai 20 settimane di congedo della mamma (se lei è d'accordo).

VOUCHER ASILI. Il buono baby-sitter per agevolare le lavoratrici nei primi mesi di nascita del figlio potrà essere utilizzato anche per pagare asili-nido pubblici o privati.

IMMIGRATI. Sale da si mesi ad un anno la validità del permesso di soggiorno per il lavoratore extracomunitario che beneficia di interventi di ammortizzazione.

BONUS PRODUTTIVITA'. Confermati con un emendamento del governo gli sgravi contributivi introdotti in via sperimentale per il triennio 2008-2010.

VOLI E AFFITTI. Riformare costa. Vengono ridotte le deduzioni sulle auto aziendali e quelle sulla tassa al servizio sanitario nazionale, che si applica sulle assicurazioni Rc auto. Tagliato dal 15 al 5% lo sconto forfait previsto per chi dichiara con l'Irpef i redditi derivanti da affitto (non tocca chi applica la cedolare). Aumentata di due euro la tassa di imbarco aereo.


 FONTE: http://www.ansa.it/web/notizie/rubriche/economia/2012/05/31/Ecco-tutte-novita-Art-18-contratti_6963332.html

sabato 23 giugno 2012

Precari. Funzione Pubblica: “Possibile prorogare contratti con accordo sindacale decentrato”




Fonte: http://www.quotidianosanita.it/lavoro-e-professioni/articolo.php?articolo_id=9604




Le organizzazioni sindacali decentrate potranno sottoscrivere accordi per il mantenimento in servizio anche superati i 36 mesi dall'incarico senza che questo determini il passaggio al rapporto di lavoro a tempo indeterminato. 


Il parere del ministero della Funzione Pubblica diffuso dalla Cosmed.


Quindi sarà possibile prorogare i contratti precari (tempo determinato, co.co.co. e altri contratti atipici) anche oltre il limite di 36 mesi con accordo sindacale decentrato. 


Lo sostiene il parere del ministero della Funzione Pubblica diffuso dalla Cosmed (ecco il documento con la nota della Cosmed e il parere).


“Le Aziende sanitarie pertanto – commenta il segretario generale della Cosmed, Costantino Troise - non devono ‘nascondersi’ dietro una presunta interpretazione delle norme che non consentirebbe loro la prosecuzione di questi rapporti di lavoro. Eventuali licenziamenti in definitiva sono da ascrivere esclusivamente alla volontà dell’azienda”.


Le organizzazioni sindacali decentrate, quindi, possono sottoscrivere accordi che consentono il mantenimento in servizio anche quando l’incarico si protrae da più di 36 mesi senza che questo determini il passaggio al rapporto di lavoro a tempo indeterminato.


“Resta fermo – precisa Troise - l’impegno del sindacato a superare il precariato nel più breve tempo possibile, ma tale processo non deve avvenire a discapito dei colleghi precari indispensabili per il mantenimento dei livelli essenziali di assistenza del servizio pubblico”.

LA CASTA POLITICA CHE SOSTIENE IL GOVERNO MONTI, SI SCAVA LA PROPRIA FOSSA VOTANDO LA FIDUCIA AL DDL LAVORO DELLA FORNERO


Che Monti sia un uomo ingaggato dalle banche è evidente!

Che l'Italia sia commissariata dall'Europa è anch'esso lampante.

Ma i partiti che noi abbiamo votato, paghiamo e dovrebbero rappresentarci, perchè diavolo continuano a sostenere il Governo.

I partiti voglioni salvare i pensionati e i lavoratori?

Ma che!!

Vogliono salvare le famiglie?

No !! Queste sono sull'orlo della disperazione!

Vogliono salvare le imprese?

Non gli riesce bene perchè queste continuano a chiudere!

Quindi anche loro sono li per salvare le banche?

Ma saranno forse le banche a rivotarli ad ottobre ?

Partiti di maggioranza se votate la fiducia al DDL LAVORO DELLA FORNERO, AVETE SCAVATO LA VOSTRA FOSSA CON LE VOSTRE STESSE MANI!!

SAPPIATELO!!

La riforma del mercato del lavoro è una vera porcata, che non solo non combatte la precarietà ma ritoccando l'articolo 18 e gli ammortizzatori, ci rende tutti SCHIAVI E FRAGILI IN CASO DI PERDITE DEL LAVORO.

PARTITI AVETE GIA' SBAGLIATO CON LE PENSIONI !!

ORA BASTA!!

DOMENICO CIRASOLE


venerdì 22 giugno 2012

Puglia come Lazio: I precari della sanità scendono in piazza contro la strana CASTA (FLI, UDC, PDL, PD) che voterà la fiducia alla Riforma del Lavoro della Fornero.




Fonte: http://www.romacapitale.net/sanita/9889-i-precari-della-sanita-scendono-in-piazza.html


Appuntamento il 28 per il Sanità Day. 


Nel Lazio i camici bianchi chiedono stabilizzazione e concorsi






ROMA - Si avvicina la data del 28 giugno quando i camici bianchi di tutta Italia scenderanno in piazza per il Sanità Day. La situazione nella sanità è infatti esplosiva sotto tutti i punti di vista. Riduzione dei finanziamenti per 17 mld di euro da qui fino al 2014, spending review (che chiede alla sanità risparmi per 2 mld) che acuisce la mancanza di risorse mettendo a rischio la garanzia dei livelli essenziali di assistenza, senza contare l’aumento dei ticket e del carico fiscale.


Rivendicazioni da parte di organizzazioni sindacali dei medici, veterinari, dirigenti sanitari, tecnici professionali e amministrativi dipendenti e convenzionati con il Ssn e della ospedalità privata, si faranno sentire nei prossimi mesi con una serie di iniziative per difendere il sistema sanitario pubblico dagli attacchi continui che sta subendo.


Nella sola regione Lazio in questo momento, la governatrice Polverini, che è anche commissario straordinario per la sanità, è praticamente nell’angolo per il piano di rientro dal debito che non fa progressi. In più saltano uno dopo l’altro come birilli altri istituti prestigiosi, anche non statali, della Capitale, come l’Idi, il policlinico Gemelli, il Fatebenefratelli.


Il dato negativo della sanità nel Lazio pare rendere impossibile l’indizione di nuovi concorsi ed assunzioni, più volte promessi e mai attuati, ovvero anche la stabilizzazione dei troppi precari che lavorano negli ospedali, medici, infermieri, ingegneri.
A novembre 2011 l’Ordine dei medici di Roma aveva precisato che solo il 35,4 per cento dei medici riesce a essere inquadrato con un contratto a tempo indeterminato entro i 45 anni, mentre il 28,2 per cento rimane occupato in lavori atipici, collaborazioni occasionali che nella maggior parte dei casi durano dai 6 ai 12 mesi: tuttavia, malgrado la flessibilità, oltre il 90 per cento garantisce presenze e orari determinati.


Il personale precario che presta servizio nella sanità pubblica nel Lazio è di oltre 3.000 unità, personale che nel corso degli anni ha contribuito con professionalità ed impegno a rendere fruibile l’assistenza sanitaria ai cittadini in questa regione. Sono infatti proprio costoro a garantire nella maggior parte dei casi numerose prestazioni indispensabili, che vanno dal controllo delle malattie infettive, all’assistenza sanitaria sia di base che d’emergenza, alle visite ambulatoriali sino all’erogazione dei medicinali.


Il congelamento, od il contingentamento, nel settore pubblico di procedure concorsuali volte a nuove assunzioni, o alla stabilizzazione delle persone già assunte, se da un lato permette un risparmio di spesa dall’altro non risolve la questione dell’efficienza del settore sanitario, che con minori operatori non può certamente mantenere una offerta costante nel tempo e di qualità. Negli ultimi mesi più volte il personale precario e le stesse strutture sanitarie hanno posto il problema della necessità di una stabilizzazione, in quanto vi è la necessità di garantire l’erogazione del servizio.


L’obiettivo, anche per il 2012, pur in una situazione molto difficile riguardo al finanziamento, deve essere l’equilibrio di bilancio a livello regionale e a livello delle aziende sanitarie, mantenendo comunque il buon livello dei servizi ed anzi, rispettando i Livelli essenziali di assistenza nazionali, perseguendo il loro sviluppo, modulandolo con i bisogni dei cittadini.


Il senatore pidiellino, Stefano De Lillo, chiede quindi al Governo se abbia previsto delle iniziative volte, in accordo con la Regione, alla stabilizzazione del personale precario. Se non sia opportuno, evidenziato che vi è necessità di non diminuire il personale sanitario per evitare un collasso del sistema nel suo complesso e che il parziale blocco delle assunzioni a tempo indeterminato non ha consentito neppure il necessario ricambio conseguente alla cessazione dal servizio, utilizzare sino ad esaurimento le graduatorie vigenti e valide, assorbendo prioritariamente i lavoratori precari presenti, per l’individualizzazione delle figure professionali che si rendono di volta in volta necessarie all’interno della regione Lazio.

martedì 19 giugno 2012

NIENTE POSTO FISSO PER I POLITICI !




Perchè Monti ha fretta di cancellare art.18., questa è una riforma inutile, che non riduce il debito pubblico e non rilancia l'economia ?

Quindi, perchè tutta questa fretta di chiudere prima d'arrivare alla riunione del Consiglio europeo di fine mese ?

Ma, se il posto fisso è monotono perchè Monti non impone che i politici siedano su quelle poltrone solo per un mandato, per una sola legislazione e poi ritornino a lavorare ?

Perchè Monti vuole togliere il posto fisso ai lavoratori (pubblici e del privato) licenziandoli anche senza giusta causa e noi non possiamo mandare a casa i politici anche quando hanno rubato?

Aumenterà, anche di poco, l'occupazione?

No, tant'e' vero che nessuno si azzarda piu' a raccontare una balla simile.

Incentiverà anche di un soffio gli investimenti esteri?

Nemmeno per sogno e, infatti, le imprese estere dicono chiaro e tondo che dell'art. 18 non gliene importa niente.

Quel che vogliono i mercati è tutt'altro: lotta alla corruzione, eliminazione dei lacci burocratici che rendono impossibile investire in Italia, infrastrutture e diminuzione delle tasse che rendono insostenibile il costo del lavoro.

E SAPETE COSA VOGLIONO GLI ITALIANI ?
MANDARE A CASA TUTTE QUESTE FACCE E NON RIVEDERLE PIU' !

lunedì 18 giugno 2012

Elezioni in Grecia: che paura !!


Signori che paura, in Grecia ha vinto la Nuova Democrazia il cui leader Antonis Samaras è molto vicino al centro-destra che ha governato fino a ieri.

In altre parole è stato chiesto al popolo della Grecia di dare fiducia a chi prima ha fatto il debito e poi per cancellarlo ha massacrato il popolo.

Ovviamente sia ieri che oggi si chiede al popolo greco di dare fiducia ai vecchi politici in nome dell'EUROPA.

Ma la cosa grave è che La Nuova Democrazia, per governare dovrà coalizzarsi con i socialisti e con la Sinistra Democratica.

Signori che paura, il popolo greco non è riuscito a mandare a casa i vecchi partiti e i vecchi politici.

Immagino cosa accadrà in Italia a ottobre quando si andrà a votare!

Si signori, si voterà a ottobre quando noi tutti dovremo  regalare miglioni di euro di vitalizi ai parlamentari, per tutta la loro vita.

Gli italiani come i greci non sapranno mandare a casa i vecchi (partiti, politici) !

Sapete perché ?

Perché  ci sarà chiesto di rivotarli e ridargli fiducia in nome dell'Europa.

Vi preannuncio che nascerà a breve un nuovo soggetto politico che ingloberà PD-PDL-UDC-FLI !

Insomma risuscita la vecchia DEMOCRAZIA CRISTIANA.
PREPARATEVI POLOLI, TUTTO CAMBIA PER NULLA CAMBIARE !!

Vorrei sbagliarmi ma credo che il popolo italiano non è diverso dal popolo greco.

Stessi problemi, stessa sorte, stesso debito pubblico, stessi politici, stesse scelte.

DOMENICO CIRASOLE

sabato 16 giugno 2012

Roma: i giovani e i precari in piazza Farnese


FONTE:

http://www.unita.it/italia/roma-la-meglio-gioventu-il-nostro-tempo-e-adesso-1.421395?localLinksEnabled=false 

16 giugno 2012

Arrivano in piazza Farnese, a Roma, i giovani e i precari che hanno organizzato la manifestazione «La meglio gioventù» per protestare, tra l'altro, contro la riforma Fornero e rivendicare diritti, come quello al reddito minimo garantito. Sotto il palco, su alcuni cartoni campeggiano le scritte: «Italia: 4 milioni di precari, destinazione consigliata Inghilterra», «36% disoccupazione giovanile, destinazione consigliata Olanda».

A spiegare le motivazioni della giornata di protesta è Celeste Costantino, dell'associazione Da Sud: «I messaggi che arrivano dal governo sono sempre più preoccupanti. L'idea di darsi questo nome 'La Meglio Gioventù' non è un atto di presunzione ma è un modo per sottolineare che vogliamo essere quella generazione che si riprende il proprio presente, prima ancora del proprio futuro. Rivendichiamo diritti, e tra i diritti c'è anche quello a restare in Italia».

IN PIAZZA FINO A SERA
Dopo due settimane di azioni, flash mob e blitz, oggi i precari della Meglio gioventù (una realtà promossa dal comitato «Il nostro tempo è adesso» e varie reti, associazioni e movimenti dei lavoratori precari) sono in piazza nella capitale per una grande mobilitazione contro il precariato: fino alle 22 a Piazza Farnese «per manifestare la voglia di riprendersi la propria vita e il paese».

LE STORIE
Ma sono tante le storie raccontate in piazza Farnese.
Giuseppe, lucano di 28 anni, spiega: «Sono stato licenziato da un call center a fine marzo dopo che avevo denunciato l'utilizzo di un contratto non appropriato ad un mio trattamento professionale. Ora se non troverò qualcos'altro, sarò costretto a tornare al mio paese e a rinunciare ai miei sogni. Roma ha espulso me come tanti altri ragazzi».

Maria 35/enne romana gli fa eco: «Da 16 anni lavoro come precaria, ora ho una partita iva nella Pubblica amministrazione, prima avevo contratti a progetto di un anno. Non vedo un futuro migliore davanti a me a livello professione. Non vedo buone prospettive, soprattutto alla luce delle modifiche introdotte dalla riforma Fornero per le partite Iva, per cui non è prevista alcuna forma di sostegno, neanche per la maternità».


REDDITO MINIMO: RACCOLTA DI FIRME
Raccolta di firme per la proposta di legge popolare per il reddito minimo garantito. Sono diverse le realtà in piazza, dalla rete Tilt al coordinamento dei giornalisti precari «Errori di stamp». Insieme ai giovani manifestanti anche alcuni esponenti politici locali come il capogruppo regionale di Sel, Luigi Nieri, e l'assessore provinciale al Lavoro, Massimiliano Smeriglio.

«Sono qui perchè oggi inizia la raccolta di firme per il reddito minimo garantito - spiega Smeriglio - una proposta di legge che cerca di riportare l'Italia in Europa e che prevede ci sia una soglia di reddito minimo per evitare che, soprattutto i più giovani si vendano sul mercato del lavoro al costo più basso possibile e nelle peggiore condizioni possibili». «La meglio gioventù deve prendere in mano questo paese per farlo uscire da una precariato che lo sta distruggendo - dice Luigi Nieri - l'Italia è l'unica in Europa, insieme a Grecia e Ungheria, che non ha il reddito minimo».

Su un lato della piazza il coordinamento «Errori di stampa» ha montato una simbolica edicola precaria. «Abbiamo fatto un autocensimento nelle redazioni e solo a Roma siamo duemila - dice uno dei giornalisti - chiediamo l'approvazione della legge sull'equocompenso nei lavori giornalistici ferma in commissione parlamentare da troppo tempo. Un giornalista precario prende in media venti euro lordi al pezzo, con picchi minimi di quattro euro lordi e ci sono giornali che non pagano sotto le ottocento battute».

LA NOTA DEL COLLETTIVO
«La Meglio Gioventù - dice in una nota il collettivo - vuole denunciare lo scandalo di un paese che marginalizza le sue migliori energie: 36% di disoccupazione giovanile, 4 milioni di precari e oltre 2 milioni di 'neet' (Not in Education, Employment or Training) significano lo spreco di una generazione che trascina con sé tutto il paese. Uno spreco a cui il Governo ha risposto con una riforma del lavoro truffa che prometteva di estendere i diritti e di abbattere la precarietà e invece non ha ridotto le tipologie contrattuali precarie, non ha esteso il welfare e, anzi, ha aggravato la condizione di chi lavora con partita iva, costretta già dal prossimo anno a pagare contributi più alti, che significa compensi netti più miseri».

La manifestazione  vuole essere la piazza di una generazione che non ce la fa più, ma anche di tutto il paese, perché la precarietà è l'emblema di un modello di sviluppo violento che dimentica le persone. Vuole essere soprattutto la risposta ad un Paese che ci invita alla fuga e a cui noi rispondiamo invece che vogliamo restare, riprenderci le nostre vite e il nostro paese.

Performances animeranno Piazza Farnese: oltre a un palco centrale su cui si alterneranno interventi delle reti di precari e la musica dei Torretta style, tanti altri spazi e realtà occuperanno la Piazza. Le diverse reti racconteranno di sé, della propria vita e della precarietà del proprio lavoro.

martedì 12 giugno 2012

Scuola, precari troppo a lungo Il ministero li dovrà risarcire


Scuola, precari troppo a lungo Il ministero li dovrà risarcire

fonte: http://bologna.repubblica.it/cronaca/2012/06/12/news/scuola_vittoria_di_sette_precari_dal_ministero_210mila_euro-37045959/


Gli insegnanti erano assistiti dal Codacons, che ha avviato nei mesi scorsi ricorsi collettivi contro il rinnovo dei contratti a tempo determinato. Riceveranno complessivamente 210mila euro. "Sentenza importante per gli altri 2000 docenti che hanno fatto causa"

Sette insegnanti, che si erano affidati al Codacons per un ricorso contro il ministero dell'Istruzione, riceveranno 210mila euro di risarcimento per gli anni di precariato. Lo ha stabilito il Tribunale di Bologna (sezione Lavoro), come rende noto l'associazione di consumatori.

Il Codacons, nei mesi scorsi, aveva avviato ricorsi collettivi contro il dicastero dell’istruzione in favore di docenti e personale scolastico che si vedevano rinnovare i contratti a tempo determinato, "e quindi prolungare ingiustamente la loro vita professionale all’interno del limbo del precariato". Quello dei sette docenti è stato il primo ricorso presentato.

Il giudice Carlo Sorgi ha dichiarato "l’illegittimità dei termini apposti ai contratti stipulati dai ricorrenti e, per l’effetto, condanna il Ministero dell’istruzione a risarcire il danno nella misura di quindici mensilità della retribuzione globale di fatto, con gli interessi legali dalla data della presente sentenza e fino al saldo", e inoltre ha dichiarato "il diritto della parte ricorrente alla progressione professionale, in conseguenza della stipulazione di contratti di lavoro a tempo determinato, e per l’effetto dichiara tenuto e condanna il Ministero dell’istruzione a corrispondere le differenze retributive maturate in ragione della relativa anzianità di servizio in misura maggiorata degli interessi legali dalle singole scadenze e fino al saldo".

Si tratta, commenta l'associazione, "di una sentenza
molto importante, che spiana la strada ai risarcimenti in favore dei circa 2000 precari della scuola" che, attraverso l'associazione, "hanno fatto causa al Ministero dell’Istruzione al fine di veder riconosciuti i propri diritti di lavoratori e ottenere le retribuzioni finora non percepite, a causa della perenne condizione di precarietà". E' ancora possibile aderire ai ricorsi, info sul sito www.codacons.it.

domenica 10 giugno 2012

La meglio gioventù del nostro tempo, scende in piazza il 16 giugno 2012.




La meglio gioventù è sempre disoccupata, in cerca di lavoro, precaria, senza stipendio.
Studia per dare il meglio di sé e migliorare le vite di tutti e di tutte, ma una volta laureata è costretta a vivere in miseria con contratti precari, lavori a nero, contratti atipici, senza futuro e senza contributi pensionistici.

In nome di questa generazione il Governo Monti propone una riforma sbagliata, un disegno di legge sul mercato del lavoro che  non risponde ai problemi principali che affliggono la vita di una generazione intera, lascia intatta la giungla delle 46 forme contrattuali, comprese quelle che il Governo aveva annunciato di voler eliminare; non estende gli ammortizzatori sociali, visto che l’assicurazione per l’impiego lascerà fuori buona parte dei lavoratori precari; non prevede nessuna forma di reddito minimo; scarica l’aumento di costo dei contratti a progetto sulle buste paga dei collaboratori; rappresenta una beffa per le reali partite iva che dovranno pagare di tasca loro l’aumento dei contributi.

La Fornero e Monti non creano stabilità lavorative ai precari e con la modifica dell’art. 18 rendono tutti precari, creano i presupposti per una disuguaglianza  anticostituzionale che mina la democrazia e le basi della nostra repubblica.


Noi, la meglio gioventù del nostro tempo precario, scendiamo in piazza il 26 maggio, per riprenderci il nostro Paese.

Queste forme di proteste spontanee potevano essere evitate se la classe politica non avesse tradito i propri elettori.

Una parte della maggioranza che sostiene questo governo ha TRADITO IL SUO POPOLO DIMENTICANDOSI DI LAVORATORI, PENSIONATI, FAMIGLIE, GIOVANI COPPIE, BAMBINI.

QUINDI TUTTI A CASA!!

IL POPOLO HA SENTENZIATO, TUTTI A CASA PER ALTO TRADIMENTO.

HANNO MODIFICATO LA COSTITUZIONE IN PEGGIO, RIFOMATO LE PENSIONI, IL LAVORO, SENZA MAI TOCCARE I LORO PRIVILEGGI.

Per delocalizzare le società non avranno più la necessità di fallire, basterà licenziare, e il lavoratore avrà diritto ad un indennizzo da 12 a 24 mesi.

Se poi il costo del lavoro è eccessivo, o vi sono sindacalisti scomodi, questi potranno essere licenziati e al loro posto assumeranno precari espandendone il fenomeno.

Brava professoressa, le lacrime mi hanno veramente commosso.



Per non parlare del Pubblico Impiego, che scomparirà  in breve tempo, prima tutti licenziati, e poi riassunti da società, cooperative di comodo, sottopagati e senza diritti.

Vivo come precario da più di 4 anni,  sogno di diventare avvocato, ma la casta chiude tutte le porte, e ci costringe alla miseria.
Bravo Monti, ha dato veramente esempi di sobrietà ed equità!!

E Pierluigi Bersani che è nella Top Ten degli assenteisti, sempre assente, non vota mai in parlamento, dovrebbe rappresentare noi precari, ma come fa, ha forse il dono dell’ubiquità.
Ma perché si continua a pagare gli assenteisti, questa è la vera ingiustizia.
Bersani è tra i più assenteisti tra i parlamentari eletti alla Camera de Deputati, il più pagato, a cui dovremo regalare anche una pensione d’oro.

"Bersani, vada al suo posto, cazzo!".

Bersani non può candidarsi alla premiership del Governo, così come non può presentarsi che sfrutta le guardie del corpo per spingere carrelli, Anna Finocchiaro e altri quali Dario Franceschini, Enrico Letta, Rosy Bindi, tutti complici di una lobby pro-casta e anti-lavoro.
Mentre Massimo D'Alema, farebbe bene ad andarsene in pensione.

Loro non sono stati eletti dal popolo e quindi non sono le persone più adatte a riformale la costituzione, la legge elettorale, il mercato del lavoro, ecc.

Quindi andate tutti a casa, si facciano ora le elezioni e il popolo saprà scegliere.

State tranquilli, nonostante i vostri listini, nessuno vi voterà?

Domenico Cirasole


giovedì 7 giugno 2012

Pier Luigi Bersani e i parlamentari del Partito Democratico ( PD ) sanno che la riforma che stanno per votare, regala ai precari una pensione da fame ? Se va bene, mezzo stipendio !!



La pensione dei precari? Se va bene, mezzo stipendio          
È quanto prenderà in futuro chi ha iniziato a lavorare oggi. Una certezza sottovalutata in modo drammatico dal governo, prima col decreto Salva Italia e poi con la riforma Fornero. Ma la partita non è ancora chiusa DI ANDREA BORGHESI
http://www.rassegna.it/articoli/2012/06/6/88389/la-pensione-dei-precari-se-va-bene-mezzo-stipendio
di Andrea Borghesi




Cinquanta per cento: è questa la percentuale dell’ultimo stipendio che quanti hanno iniziato a lavorare negli ultimi anni, specialmente con contratti precari, rischiano di percepire domani come pensione; una percentuale ovviamente insufficiente a garantire una vita dignitosa per larga parte della popolazione.Una questione drammaticamente sottovalutata, che rischia di creare fra pochi decenni un esercito di nuovi poveri e un ulteriore sfaldamento del tessuto sociale del paese. Eppure né la manovra sulle pensioni di dicembre, spacciata come riforma per i giovani, né la modifica delle norme sul mercato del lavoro ora in Parlamento sembrano accorgersene. Parlare e legiferare sulla previdenza senza riferimenti al mercato del lavoro, in particolare con il nuovo sistema contributivo, ha, infatti, poco senso.


Fatta eccezione per l’elemento oggettivo di equità rappresentato dall’inserimento del pro-rata contributivo per tutti, il “Salva Italia” ha bruscamente elevato l’età pensionabile per le persone appartenenti ad alcune classi di età, con le conseguenze che abbiamo sotto gli occhi in questi giorni, ma non ha affatto affrontato le questioni di coloro che sono entrati nel sistema con il contributivo e che magari hanno versato una parte o tutta la propria contribuzione all’interno della gestione separata Inps, oppure che hanno avuto ampi periodi di discontunuità di versamento. Il riferimento è in particolare a coloro che oggi hanno tra i trenta e i quaranta anni e che hanno già percorso una parte consistente della propria carriera all’interno di questo nuovo scenario.


IL SISTEMA CONTRIBUTIVO
A differenza del passato, con il nuovo sistema la pensione non viene infatti calcolata sull’ultima frazione di carriera ma sull’intero periodo lavorativo. Essa è il risultato della moltiplicazione del montante contributivo (i contributi versati) rivalutato ogni anno sulla base del Pil e dell’inflazione (tasso di rivalutazione) per un coefficiente di trasformazione legato all’aspettativa di vita. Il sistema è, teoricamente, semplice: più guadagni con continuità e più accumuli, più va bene l’economia più si rivaluta quanto accumuli, più sarai vecchio al momento del pensionamento più prenderai di pensione.


Ci sono però seri problemi che stanno minando la costruzione di posizioni previdenziali solide: le retribuzioni negli ultimi anni crescono con grande difficoltà e si allarga il fenomeno del lavoro povero, le carriere sono sempre più discontinue e le aliquote sono troppo differenziate tra lavoro dipendente, lavoro parasubordinato e autonomo (vero o finto che sia). Il Pil, d’altro canto, negli ultimi anni è cresciuto a stento, quando non è calato vistosamente. Per finire, le espulsioni dal lavoro nella parte finale delle carriere lavorative, concordate o meno in accordi di esodo, sono sempre più frequenti.


Appare evidente, quindi, come la previdenza pubblica in generale e, nello specifico, le future pensioni dei lavoratori siano fortemente agganciate alle politiche di regolazione del mercato del lavoro e di welfare, a quelle per la crescita del paese e alle politiche industriali.


RIFORMA DEL LAVORO E PREVIDENZA
Riguardo alla riforma del mercato del lavoro, fatte alcune positive eccezioni in particolare sulle collaborazioni a progetto, non ci si muove nel senso di rivedere quando non eliminare (vedi associati in partecipazione) alcune altre tipologie della gestione separata. Infatti è prevedibile, e peraltro già in corso da diversi anni, un travaso dalle collaborazioni verso le partite Iva individuali in ragione del minor costo di queste ultime; ciò avviene nonostante il condivisibile e consistente aumento delle aliquote che andranno ad allinearsi nel tempo a quelle dei lavoratori dipendenti. Inoltre, l’assenza di una rivalsa obbligatoria sul committente in misura pari ai due terzi dell’intera aliquota da versare all’Inps, unitamente al mancato aggancio ai minimi retributivi previsti dai ccnl per analoghe professionalità (come invece previsto nella riforma per i co.pro.), determinerà per questi lavoratori una significativa riduzione dei compensi. Il rischio è quello che un vantaggio contributivo a futuri fini pensionistici si traduca in un immediato svantaggio salariale.




 Gli interventi sugli ammortizzatori sociali, previsti sempre nel “ddl lavoro”, fatta eccezione per un ridotto intervento positivo sulle indennità di disoccupazione (Aspi) rispetto sia alla durata sia alla quantità della prestazione, lasciano il nostro paese molto lontano dalle migliori esperienze europee. Peraltro, il pesante intervento di riduzione della durata dell’indennità di mobilità mette a rischio tutti quei lavoratori sottoposti spesso in età avanzata a processi di ristrutturazione industriale. L’occasione di rendere il nostro sistema di sostegno al reddito in caso di disoccupazione adeguato alle necessità è andata perduta. Non si può non notare, poi, la contraddizione tra il mantenimento di un mercato del lavoro iperflessibile e l’assenza di un adeguato sistema di protezione sociale. Tornando agli aspetti previdenziali, è evidente come un equo sistema di ammortizzatori permetterebbe una migliore copertura dei periodi di non lavoro (attraverso contribuzione figurativa), che nel sistema contributivo rischiano di provocare veri e propri “buchi previdenziali”.


RETRIBUZIONI E PENSIONI, UN LEGAME INSCINDIBILE
L’altra quesione è relativa alle retribuzioni, che assieme alle aliquote costituiscono l’elemento fondamentale del montante contributivo. I salari degli ultimi anni sono rimasti al palo o sono cresciuti poco, soprattutto per i livelli di ingresso. Su questo occorre anche una riflessione nel sindacato affinché, anche in un’ottica di maggiore aderenza al nuovo sistema previdenziale, ci sia un maggiore equilibrio tra retribuzioni all’inizio della carriera lavorativa e riconoscimenti economici legati all’anzianità aziendale. Nel sistema contributivo il tasso di rivalutazione si calcola su quanto si accantona ogni anno, e dunque oltre ad essere fondamentale quanto si versa è importante anche quando si versa, nel senso che sarà favorito chi ha contribuito di più a inizio carriera. Discorso analogo a quello per i dipendenti, seppure con elementi di maggiore allarme, va fatto per gli iscritti alla gestione separata: la media dei compensi dei collaboratori a progetto degli ultimi quattro anni non ha mai superato i 10.000 euro, con uno squilibrio fortissimo di genere: le donne, infatti, non arrivano a 7 mila euro, mentre i collaboratori esclusivi monocommittenti hanno guadagnato in media solo 8.023 euro annui. Queste persone hanno retribuzioni molto basse e aliquote ancora non in linea con quelle dei dipendenti, e molti di loro hanno accumulato anni con aliquote ancor più basse (nella gestione separata si è partiti nel 1996 con il 10 per cento).


Altro elemento problematico è quello relativo ai coefficienti di trasformazione della prestazione che, legati all’aspettativa di vita e nella previsione di un allungamento della stessa, porteranno oggettivamente a una riduzione ulteriore delle prestazioni pensionistiche. Prima era previsto un loro aggiornamento ogni dieci anni, poi è stato deciso dal governo Berlusconi un aggiornamento ogni tre, confermato dall’ultima riforma con effetti di penalizzazione ancora più importanti, soprattutto per chi deciderà di ritirarsi dal lavoro prima dei settanta anni.


LA PREVIDENZA COMPLEMENTARE
Infine, ad aggravare la condizione dei lavoratori precari e discontinui sta il fatto che essi spesso non possono iscriversi alla previdenza complementare (i parasubordinati, per esempio). Anche laddove possono farlo, peraltro, il sistema rischia di essere troppo oneroso, prevedendo il versamento del tfr e di una quota a loro carico (pari di solito all’1 per cento). Su questo il tentativo che si sta facendo nel nostro paese con Fontemp, il fondo di previdenza integrativa per i lavoratori in somministrazione, appare un elemento di assoluta novità. Per generalizzare questa possibilità, però, è necessario sostenere i lavoratori non a tempo indeterminato che scelgono questa strada.


L’abbattimento della quota di liquidazione (oggi spesso utilizzata come ammortizzatore sociale nei periodi di non lavoro), il raddoppio del contributo da parte aziendale e un intervento specifico di fondi bilaterali contrattuali a compensazione della quota lavoratore sono le ipotesi che mettiamo in campo e che fannno parte anche di un patrimonio comune di Cgil, Cisl e Uil. Per chi non ha il tfr (gli iscritti alla gestione separata) bisogna pensare a modalità sostitutive con intervento economico delle committenze, senza penalizzare il reddito dei lavoratori stessi.


Da anni Nidil pone con la Cgil il tema di milioni di lavoratori con contratti non standard, in particolare quanti hanno già accumulato nella propria carriera periodi consistenti di discontinuità e di “lavoro povero”, e delle loro prospettive pensionistiche. Il sistema contributivo, insomma, non può essere valutato solo in una logica economico-finanziaria, ma ha bisogno di correttivi che lo rendano socialmente sostenibile soprattutto per le nuove generazioni. “La partita delle pensioni non è chiusa”, ha detto Susanna Camusso. Riaprire la discussione sulla previdenza è il lavoro che ci aspetta nella prossima stagione.

mercoledì 6 giugno 2012

Appello dei giuristi democratici al PD: non votate la riforma lavoro del ministro Fornero, è una macelleria sociale.






ALLE PARLAMENTARI E AI PARLAMENTARI DEL PARTITO DEMOCRATICO


Le Camere si accingono a discutere un disegno di legge di riforma del mercato del lavoro che viene propagandata come inevitabile, e viene giustificata con il fatto che ad oggi in Italia un imprenditore in gravi difficoltà economiche non possa ridurre il proprio personale.


Quali deputati e senatori del PD, saprete sicuramente che quanto sopra non corrisponde a verità, in quanto il nostro ordinamento prevede espressamente la possibilità di licenziare per motivi economici, essendo previsto il licenziamento per giustificato motivo oggettivo (fino a 5 dipendenti) o collettivo (oltre i 5 dipendenti) e che la stessa OCSE pone l’Italia al di sotto della media europea per quanto attiene agli indici della rigidità in uscita.


La nuova formulazione dell’articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori non introduce alcuna nuova causa di licenziamento, ma incide solo sul trattamento sanzionatorio dei licenziamenti illegittimi, quelli senza giusta causa e giustificato motivo, stabilendo tetti massimi (irrisori) ai risarcimenti che vanno dai 6 mesi (paradossalmente per la violazione più palese, il licenziamento privo di motivazione), fino a 24 mesi.


La reintegrazione viene di fatto abolita, sia per il licenziamento (strumentalmente definito) disciplinare, dove rimane limitata a casi marginali, che per il licenziamento (strumentalmente definito) economico —nel quale il reintegro previsto sulla carta è del tutto impraticabile—, così come per i licenziamenti collettivi illegittimi, aprendo la strada ad espulsioni di massa di forza lavoro (la CGIA di Mestre quantifica in 600.000 i posti che andranno persi nei primi 10 mesi di applicazione: 2.000 licenziamenti al giorno).


L’attuale articolo 18 è una norma “a costo zero” per il datore di lavoro corretto, che rispetta le legge, in quanto interviene solo nei confronti dei datori di lavoro che non rispettano la legge e licenziano illegittimamente i propri dipendenti.
Questa riforma non ha alcuna attinenza con il rilancio dell’economia come attestano tutti gli studi sul punto e come ha più volte affermato lo stesso Pierluigi Bersani.


È una riforma, quindi, che nasce solo per primeggiare in Europa nella gara a chi si conforma prima e di più alle previsioni del Patto Euro Plus firmato il 25 marzo 2011 dal Governo Berlusconi (poi divenuto Fiscal Compact lo scorso 2 marzo 2012), ovverosia proprio quell’accordo contro cui Hollande ha vittoriosamente impostato la propria campagna elettorale, e su cui la socialdemocrazia tedesca ha già annunciato che, senza sostanziali modificazioni in termini di diritti sociali, non darà la propria approvazione parlamentare.


Per questo scriviamo ai parlamentari del PD, convinti come siamo che la consonanza con le altre famiglie riformiste europee possa consentirVi di comprendere ed apprezzare il profondissimo errore di aderire acriticamente a un testo che toglie l’ultimo architrave del diritto del lavoro che l’opinione pubblica e la lotta di milioni di lavoratori avevano salvato dal ventennio berlusconiano.


Se Il PD approverà questa riforma si assumerà una responsabilità politica storica di fronte a milioni di lavoratrici e lavoratori —che pure ritengono di essere ancora rappresentati dal Vostro partito— ponendo una pesantissima ipoteca alla possibilità che l’Italia, al pari delle altri grandi nazioni, possa contribuire a delineare un percorso di uscita dalle macerie prodotte dal lungo governo della destra europea, e aprendo così uno scenario che, con buona pace di chi con furore tutto ideologico vede nell’art. 18 il pericolo più grande, rischia di condurci davvero verso il modello Grecia e non verso Francia o Germania.


Per questo vi chiediamo come Giuristi Democratici di non approvare questa legge, che non porterebbe alcun giovamento alle ragioni della buona impresa e alle esigenze dei lavoratori, ma aumenterebbe solo l’illegalità, la precarizzazione e la sottoccupazione generalizzata, la disperazione sociale e la disaffezione alla politica e alla partecipazione.


ASSOCIAZIONE NAZIONALE GIURISTI DEMOCRATICI


fonte: http://www.informarexresistere.fr/2012/06/06/giuristi-democratici-pd-ritira-i-consensi-al-ddl-lavoro/



domenica 3 giugno 2012

2 giugno: La Casta e il governo Monti con i loro cerimoniali eludono il disagio dei precari e terremotati emiliani



Guarda le foto della festa tenutasi al Quirinale.

Avete notato il catering extra-lusso per politici, giornalisti, attori ecc.

La Casta e i vip, circa duemila invitati, hanno festeggiato così il 2 giugno, ridendo sulla crisi economica e sulle scosse di terremoto.

Ovviamente tutti soldi di pensionati, lavoratori, precari, cassintegrati, esodati, artigiani, contribuenti silenti, lavoratori atipici.

Questa Casta è senza vergogna, percepisce doppi stipendi per doppi incarichi, nei consigli comunali, provinciali, regionali e aziende pubbliche ecc..

Lo spreco della casta politica per i rimborsi elettorali continua, mentre continuano i suicidi.

Che vergogna!!

Tutto ciò accade mentre precari restano senza lavoro, milioni sono i lavoratori a nero e l’Emilia sopravvive grazie le iniziative di solidarietà.

Da cristiano quale sono non riesco proprio a comprendere le parole del Papa, non capisco come “la politica può farsi amare”.

Questa classe politica ha esasperato la logica del profitto, attraverso corruzione, concussione, truffe, scelte egoistiche.

La Casta ha dimenticato che l'unico fine deve essere "dedicarsi al bene dei cittadini".

L’egoismo dei nostri politici contrasta con scelte a difesa dei lavoratori, famiglie e nuove nascite.

“La politica è responsabilità davanti a Dio e agli uomini".

E gli uomini, alle prossime elezioni, sono certo, provvederanno a mandare a casa tutti coloro che hanno dimenticato l’essenza della politica, la difesa del lavoro stabile e approvano una riforma che incentiva la precarietà grazie  all’entusiasmo della flessibilità.

Il Ministro Passera, non descrive come uscire dalla crisi, far cessare i suicidi, ridare lavoro ai 7 milioni di persone che l’hanno perso, far crescere i consumi interni, vincere la sfida della globalizzazione, eliminare il lavoro nero che conta un esercito di tre milioni, tagliare il debito che la casta produce, proteggere il welfare.

L’estate s’avvicina e con essa il rischio di passare intere giornate su barelle, in punti di primo intervento e pronto soccorso, di vedere ambulanze senza medici e infermieri affidate solo a soccorritori, di cambiare regione per un posto in rianimazione, cardiologia, ortopedia, ginecologia, chirurgia.

La sanità è al collasso, i  reparti sono colmi di precari sfiancati da straordinari, per colmare il buco insormontabile causato dal blocco del turnover.

Altra causa di disaffezione alla politica è questa, che crea disagi all’utenza sempre più anziana, ai turisti delle nostre terre, ai professionisti precari e all’intero sistema.
I Precari d’Italia vorrebbero scendere in piazza, contro una riforma del lavoro ingiusta, ma ce lo vietano le bombe che scoppiano e mietono vittime inutili.
Ma il desiderio di rivendicare una effettiva dignità è grande e perciò gridiamo tutti a gran voce.. ORA BASTA, SIETE IMMORALI !!
Domenico CIRASOLE

venerdì 1 giugno 2012

Meno articolo 18, più precari




Ok definitivo in Senato: Pd e Pdl gongolano, no dalla Cgil. Peggiorate le tutele per contratti a termine e partite Iva. Il sindacato di Camusso si interroga sullo sciopero generale
La riforma Fornero del lavoro – quella che smantella l’articolo 18 – è passata ieri definitivamente al Senato, dopo che sono arrivati gli ultimi due sì alle complessive quattro fiducie poste dal governo, e l’ok all’intero testo con 231 voti favorevoli, 33 contrari e 9 astenuti. La ministra del Welfare ha espresso soddisfazione, così come il primo ministro Mario Monti e la «santa» alleanza Pd-Pdl. Il premier ha spiegato che si tratta di «una riforma di profonda struttura che ha ricevuto il parere favorevole di organismi internazionali imparziali come Ue, Ocse, Fmi». Alla domanda se l’iter parlamentare sarà blindato alla Camera, con una fiducia così come è stato a Palazzo Madama, Monti ha risposto: «A noi interessa il buon esito della riforma». Sostanzialmente, non ha negato.
Entusiasta il giudizio di Anna Finocchiaro, per il Pd: «È stata raggiunta una sintesi razionale, laica e direi, se non fosse una sgrammaticatura, costituzionale e riformista della regolamentazione del mercato del lavoro e penso che sarà utile all’Italia». Più cauto Maurizio Gasparri, del Pdl: «Non è la nostra legge, non è quella che avremmo voluto fare, ma l’abbiamo migliorata». Gasparri si riferisce alle lunghe polemiche sulla «flessibilità in entrata» portate avanti dalla Confindustria, che desiderava meno lacci possibili. Inoltre, il neopresidente della Confindustria, Giorgio Squinzi, si era lamentato dell’ancora troppo ampia (a parere suo) discrezionalità lasciata ai giudici sul nodo dei licenziamenti.
Diversa l’atmosfera dentro la Cgil. Al sindacato guidato da Susanna Camusso la riforma non piace, e ancor meno è piaciuto che il governo abbia posto la fiducia. Dalla sinistra della segreteria viene dunque la richiesta di sciopero generale: è Nicola Nicolosi a chiederlo, denunciando che l’uso della fiducia è una «chiara sospensione della democrazia nel nostro Paese». Opinione non certo condivisa da tutto l’esecutivo che si stringe intorno a Camusso, tanto che per ora la segretaria ha dribblato il problema, in vista della riunione dei vertici Cgil prevista per lunedì: «La riforma – ha spiegato – è esattamente ciò che non serve al lavoro. La mobilitazione della Cgil continua. Sullo sciopero, invece vedremo. Decideremo quando e come continuare».
Un altro segretario Cgil, Danilo Barbi, rincara e chiede che il Parlamento sospenda l’iter del ddl (la settimana prossima dovrebbe approdare alla Camera): «Quel testo è un pasticcio inestricabile – dice – Non c’è una riduzione reale delle forme di precarietà, e solo l’opposizione della Cgil ha permesso di non aprire la strada totalmente ai licenziamenti facili. Con questa riforma si aprirà un contenzioso legale infinito, e nel combinato disposto con le riforma delle pensioni permetterà alle imprese di ricorrere a una valanga di espulsioni dai luoghi di lavoro. Avremo una moltiplicazione biblica degli esodati».
Passando al contenuto del ddl, alcuni punti, come ad esempio i contratti flessibili, sono notevolmente peggiorati rispetto alle stesure precedenti: La durata del primo contratto a termine che può essere stipulato senza che siano specificati i requisiti per i quali viene richiesto (cioè la causale), sarà addirittura di un anno. Per i cocoprò si prevede una definizione più stringente del progetto, con la limitazione a mansioni non meramente esecutive o ripetitive e aumento dell’aliquota contributiva di un punto l’anno fino a raggiungere nel 2018 il 33% previsto per il lavoro dipendente. Lo stipendio minimo dovrà poi fare riferimento ai contratti nazionali. Si rafforza l’attuale una tantum-ammortizzatore per i parasubordinati, innalzandone l’entità.
Per le partite Iva, si prevede che la durata di collaborazione non deve superare 8 mesi (erano 6 nel ddl originario); il corrispettivo pagato non deve essere superiore dell’80% di quello di dipendenti e cococò (75% nel ddl); il lavoratore non deve avere una postazione «fissa» in azienda: non si può avere una scrivania, insomma, ma il telefono sì. Le partite Iva che hanno un reddito annuo lordo di almeno 18 mila euro sono considerate vere (punto contestatissimo dalla Cgil, che vorrebbe vedere triplicato quel valore-soglia).
Per attivare il job on call (lavoro a chiamata) basterà inviare un sms alla Direzione provinciale del lavoro. In caso di mancato avviso, l’azienda rischia da 400 a 2400 euro di multa. Il job on call sarà autorizzato liberamente per lavoratori under 25 e over 55.
Antonio Sciotto - il manifesto

fonte: http://www.esserecomunisti.it/?p=44177&utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=meno-articolo-18-piu-precari