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Movimento "LA NUOVA RESISTENZA 25 MARZO 2011". Partigiani sempre.

Movimento "LA NUOVA RESISTENZA 25 MARZO 2011". Partigiani sempre.
Partigiani sempre

mercoledì 29 giugno 2011

LA GIUNTA VENDOLA NON PROROGA I CONTRATTI DEI PRECARI DELLE ASL DELLA PUGLIA, CONTINUANO I RICORSI E SI ACCENDE LA PROTESTA.























Mandati a casa gli infermieri con 36 mesi di servizio nelle Asl pugliesi, sostituiti da altri precari per altri 36 mesi.
Nonostante la protesta degli infermieri incatenatesi nei pressi del palazzo della Regione Puglia, dalla Agenzia nr. 3026 del 28/06/2011 diffusa dal consigliere della Regione Puglia  Giannicola De Leonardis si apprende che il 28.06.11 vi è stata    “La bocciatura da parte della maggioranza di centrosinistra  del Governatore Nichi Vendola dell’emendamento presentato alla Legge di assestamento di Bilancio nell’odierna seduta di Consiglio regionale” .
Spiega De Leonardis che ciò  “rappresenta una pagina nerissima non solo per la stessa maggioranza, sensibile solo ‘una tantum’ alle problematiche del lavoro e dell’occupazione, ma per la sanità pugliese che rischia seriamente di finire in ginocchio, con drammatiche ripercussioni per gli utenti”.
La proposta votata contro dalla maggioranza del governatore Vendola (Sinistra e libertà, Partito Democratico, e Italia dei Valori)  prevedeva ulteriori proroghe ai contratti già posti in essere per 36 mesi per i sanitari precari (molti infermieri) delle ASL PUGLIESI,  fino all’espletamento di  nuove procedure concorsuali nelle quale prevedere una priorità nelle assunzioni a chi è da anni precario, come previsto dal d.lgs. 368/01, dalla DIRETTIVA 1999/70/CE del 28 giugno 1999, dalla ordinanza  della Corte di Giustizia dell’Unione  Europea (VI Sezione), con ordinanza del 1° ottobre 2010 nella causa C-3/10, e dalla sentenza della Corte Costituzionale Sentenza n. 182 anno 2011.
La proroga dei contratti dei professionisti precari avrebbe evitato l’estendersi dei  ricorsi alle autorità giudiziarie, dalle quali si attendono decisioni nel rispetto delle norme e a tutela del professionista precario,  che venga risarcito con l’ammontare di 30.000 euro per anno da lavoratore precario, in alternativa alle ulteriori proroghe.
La volontà espressa dalla giunta Vendola è in linea con la volontà della triade dei sindacati confederali, che hanno  autorizzato, le Asl, a reperire altri infermieri con contratti flessibili (co.co.co. , co.co.pro, uso di società interinali, avvisi pubblici di contratti a tempo determinato) per sostituire coloro che hanno già raggiunto la scadenza dei 36 mesi lavorativi presso la stessa ASL.
Giannicola De Leonardis, consigliere regionale e presidente della settima Commissione Affari Istituzionali, è “deluso per un atteggiamento di totale chiusura e di profonda ingiustizia verso le figure professionali altamente qualificate, infermieri, dirigenti medici e operatori che da anni lavorano per la sanità pugliese ma che non hanno potuto usufruire nel tempo di un contratto a tempo indeterminato. L’emendamento, che non sarebbe stato impugnato dalla Corte Costituzionale e non era assolutamente in contrasto col Piano di rientro sanitario, permetteva infatti ai Direttori generali delle Asl di mantenere in servizio persone che a giugno sono prossime all’espulsione, con prevedibili disastrose conseguenze per l’attività di interi reparti, molti dei quali sono addirittura a rischio chiusura, in particolare nella provincia di Foggia, e Bari  dove sono almeno cento le unità il cui futuro è diventato improvvisamente un’incognita, nonostante i sacrifici e la riconosciuta professionalità. A loro e alle loro famiglie va la mia piena solidarietà, in un momento così delicato e doloroso, che rappresenta una sconfitta non solo per loro ma per tutti noi”, conclude De Leonardis.
Quest’ultimo atto conferma che nella Sanità Pugliese nascosta tra le righe del Piano di rientro e di riordino, vi è un sinonimo di blocco del turn-over, ovvero sfruttamento del lavoratore precario per mezzo dei contratti flessibili.
Infatti in assenza di concorsi a tempo indeterminato il personale sanitario (infermieri, tecnici, medici, ecc) viene sfruttato di 36 mesi in 36 mesi dalle aziende sanitarie, con il consenso dei sindacati e del Governo Regionale.

Volontariamente si stupra il diritto alla stabilità lavorativa, sfuttando di 36 mesi in 36 mesi sempre personale diverso, professionisti diversi, vite diverse, medici ed infermieri diversi, con conseguente cattiva gestione della cosa pubblica.

Organizzando altre eclatanti manifestazioni di libero pensiero, ci auguriamo che la giunta Vendola voglia correre ai ripari prima della pausa estiva.
DOMENICO CIRASOLE
http://precariesenzalavoro.blogspot.com/
cirasole.do@libero.it

martedì 28 giugno 2011

Vendola manda a casa gli infermieri precari delle asl pugliesi, non passa la proroga.

Agenzia nr. 3026 del 28/06/2011
Bari – “La bocciatura da parte della maggioranza di centrosinistra – ad eccezione del collega Dino Marino, presidente della terza Commissione Sanità – dell’emendamento da me presentato alla Legge di assestamento di Bilancio nell’odierna seduta di Consiglio regionale rappresenta una pagina nerissima non solo per la stessa maggioranza, sensibile solo ‘una tantum’ alle problematiche del lavoro e dell’occupazione, ma per la sanità pugliese che rischia seriamente di finire in ginocchio, con drammatiche ripercussioni per gli utenti”.

Giannicola De Leonardis, consigliere regionale e presidente della settima Commissione Affari Istituzionali, è “deluso per un atteggiamento di totale chiusura e di profonda ingiustizia verso almeno cinquecento figure professionali altamente qualificate, dirigenti medici e operatori che da anni lavorano per la sanità pugliese ma che non hanno potuto usufruire nel tempo di un contratto a tempo indeterminato. L’emendamento, che non sarebbe stato impugnato dalla Corte Costituzionale e non era assolutamente in contrasto col Piano di rientro sanitario, permetteva infatti ai Direttori generali delle Asl di mantenere in servizio persone che adesso sono prossime all’espulsione, con prevedibili disastrose conseguenze per l’attività di interi reparti, molti dei quali sono addirittura a rischio chiusura, in particolare nella provincia di Foggia dove sono almeno cento le unità il cui futuro è diventato improvvisamente un’incognita, nonostante i sacrifici e la riconosciuta professionalità. A loro e alle loro famiglie va la mia piena solidarietà, in un momento così delicato e doloroso, che rappresenta una sconfitta non solo per loro ma per tutti noi”, conclude De Leonardis.

fonte http://www.statoquotidiano.it/28/06/2011/de-leonardis-oggi-scritta-pagina-nera-della-sanita/51831/

http://www.consiglio.puglia.it/applicazioni/cadan/cms_AgenziaNotizie/dataview.aspx?id=168198

sabato 25 giugno 2011

27 GIUGNO SIT-IN PRESSO CONSIGLIO REGIONE PUGLIA ORE 9.


INFERMIERI: PROROGATI O RISARCITI
AVVIATI I PRIMI RICORSI. CHIESTO (L. 368/01) RISARCIMENTO DI 30.000 EURO PER ANNO DA PRECARIO.
27 GIUGNO SIT-IN PRESSO CONSIGLIO REGIONE PUGLIA ORE 9.
Chiediamo proroghe anche per chi supera i 36 mesi fino ai concorsi!!
Le sigle sindacali e i Direttori  si accorgono della carenza di personale  in piena estate, con alle porte migliaia di turisti che sperano di trovare un’eccellente Sistema Puglia, e  trovano solo carenze.
E ovvio, che il blocco del turn-over causa delle carenze che come riferisce l’assessore Tommaso Fiore, renderà inevitabile un  ulteriore giro di vite di precari (soprattutto infermieri) che resteranno a casa a partire da fine giugno.
Ovviamente le ulteriori carenze di personale determineranno ulteriori  chiusure  di reparti, servizi, ambulatori, sale operatorie, ecc.
Tutto giustificato dal piano di rientro, nel quale è previsto il blocco di nuove assunzioni.
Sembra che in Puglia ai nostri concittadini e turisti, accanto alla scritta Pronto soccorso, dovremmo scrivere, vietato entrare a causa del disordino nei bilanci.
Ma non tutta la verità è detta!!
I sindacati che con i direttori  denunciano  carenze estive, sono i primi che si accordano e mandano a casa chi ha maturato 36 mesi di servizio (ovvero esperienza) lasciando ovviamente grossi vuoti nell’organico.
Questo è accaduto nella ASL BARI il 16.06.2011 (prot. 10355) dove a seguito di accordo è stato firmato un verbale dai sindacati, nel quale si autorizza da un lato l’interruzione dei contratti al termine dei 36 mesi, e dall’altro di reperire nuovo personale con altre procedure.
I sindacati e i direttori raggirano la Legge 368/01, la DIRETTIVA 1999/70/CE del 28 giugno 1999, il  d.leg. 165/2001, la legge n.247/2007; tutte norme  che vietano lo SFRUTTAMENTO DI CONTRATTI FLESSIBILI, E IMPONGONO ALLE AZIENDE UN LIMITE DI 36 MESI PER PROCEDERE AD ASSUMERE A TEMPO INDETERMINATO ATTRAVERSO ADEGUATI CONCORSI.
AL CONTRARIO LE NOSTRE ASL ACCORDANDOSI CON I SINDACATI ESTERNANO LA VOLONTA DI MANDARE A CASA I PROFESSIONISTI ALLA SCADENZA DEI 36 MESI, E ATTIVANO PROCEDURE PER ASSUMERE ALTRO PERSONALE PRECARIO.
Questa volontà collusa e pregiudizievole  nei confronti  dei lavoratori precari è sanzionata dalla legge, cosi come confermato dalla Corte di Giustizia dell’Unione  Europea (VI Sezione), con ordinanza del 1° ottobre 2010 nella causa C-3/10 che prevede sanzioni , quale il diritto di priorità nelle assunzioni a tempo indeterminato del personale precario oltre al diritto al risarcimento del danno subìto.
Infatti, a seguito dei dettati normativi e giurisprudenziali, quasi 300 infermieri precari della ASL BARI hanno fatto ricorso alle autorità giudiziarie, e si intravedono decisioni nel rispetto delle norme e a tutela del professionista precario, che risarcisca il danno con l’ammontare di 30.000 euro per anno da lavoratore precario.
Ovviamente dette situazioni di sfruttamento riguarda anche altre provincie, nelle quali a macchia d’olio s’espande il ricorso alle autorità giudiziarie.
Speriamo che giustizia sia fatta in breve tempo!!
Speriamo che la Regione Puglia e le ASL vogliano rimediare al torto fatto agli infermieri precari e modificare gli accordi come norma vuole ovvero prorogando ulteriormente i contratti già posti in essere per 36 mesi fino alle nuove procedure concorsuali nelle quale prevedere una priorità nelle assunzioni a chi è da anni precario (L. 368/01).
Al fine d’intravedere una nuova stagione dei diritti dei lavoratori in particolar modo quelli del comparto sanità (Corte Costituzionale Sentenza n. 182 anno 2011) che non può sempre subire la peggio a causa dei tagli al debito pubblico condizionati dagli obblighi , si invita formalmente la direzione della ASL BARI , e l’Assessore Tommaso FIORE a voler conciliare diritti dei lavoratori con gli obblighi economici  prevedendo all’uopo un incontro con tutto il personal e sanitario infermieristico precario.
DOMENICO CIRASOLE

venerdì 24 giugno 2011

Suicida giornalista precario nel brindisino

ANSA) - CEGLIE MESSAPICA (BRINDISI), 22 GIU - Un giornalista pubblicista di 41 anni si e' suicidato ieri sera impiccandosi a un albero nel giardino della sua abitazione, in cui viveva con la madre e un fratello. E' stato quest'ultimo a scoprire il suicidio quando assieme alla madre e' rientrato dopo che avevano partecipato a un matrimonio. L'uomo, collaboratore di un quotidiano, a quanto si e' appreso avrebbe lasciato una lettera in cui spiegherebbe le motivazioni del gesto legate a una delusione sentimentale e alle precarie condizioni lavorative.

L'Assostampa di Puglia ha espresso ''dolore e sconcerto''.

(ANSA).

mercoledì 22 giugno 2011

Siamo alle solite !!


Le sigle sindacali e i Direttori  si accorgono della carenza di personale  in piena estate, con alle porte migliaia di turisti che sperano di trovare un’eccellente Sistema Puglia, e  trovano solo carenze.
E ovvio, che il blocco del turn-over causa delle carenze che come riferisce l’assessore Tommaso Fiore, renderà inevitabile un  ulteriore giro di vite di precari (soprattutto infermieri) che resteranno a casa a partire da fine giugno.
Ovviamente le ulteriori carenze di personale determineranno ulteriori  chiusure  di reparti, servizi, ambulatori, ecc.
Tutto giustificato dal piano di rientro, nel quale è previsto il blocco di nuove assunzioni.
Sembra che in Puglia ai nostri concittadini e turisti, accanto alla scritta Pronto soccorso, dovremmo scrivere, vietato entrare a causa del disordino nei bilanci.
Ma non tutta la verità è detta!!
I sindacati che con i direttori  denunciano  carenze estive, sono i primi che si accordano e mandano a casa chi ha maturato 36 mesi di servizio (ovvero esperienza) lasciando ovviamente grossi vuoti nell’organico.
Questo è accaduto nella ASL BARI il 16.06.2011 (prot. 10355) dove a seguito di accordo è stato firmato un verbale dai sindacati, nel quale si autorizza da un lato l’interruzione dei contratti al termine dei 36 mesi, e dall’altro di reperire nuovo personale con altre procedure.
I sindacati e i direttori raggirano la Legge 368/01, la DIRETTIVA 1999/70/CE del 28 giugno 1999, il  d.leg. 165/2001, la legge n.247/2007; tutte norme  che vietano lo SFRUTTAMENTO DI CONTRATTI FLESSIBILI, E IMPONGONO ALLE AZIENDE UN LIMITE DI 36 MESI PER PROCEDERE AD ASSUMERE A TEMPO INDETERMINATO ATTRAVERSO ADEGUATI CONCORSI.
AL CONTRARIO LE NOSTRE ASL ACCORDANDOSI CON I SINDACATI ESTERNANO LA VOLONTA DI MANDARE A CASA I PROFESSIONISTI ALLA SCADENZA DEI 36 MESI, E ATTIVANO PROCEDURE PER ASSUMERE ALTRO PERSONALE PRECARIO.
Questa volontà collusa e pregiudizievole  nei confronti  dei lavoratori precari è sanzionata dalla legge, cosi come confermato dalla Corte di Giustizia dell’Unione  Europea (VI Sezione), con ordinanza del 1° ottobre 2010 nella causa C-3/10 che prevede sanzioni , quale il diritto di priorità nelle assunzioni a tempo indeterminato del personale precario oltre al diritto al risarcimento del danno subìto.
Infatti, a seguito dei dettati normativi e giurisprudenziali, quasi 300 infermieri precari della ASL BARI hanno fatto ricorso alle autorità giudiziarie, e si intravedono decisioni nel rispetto delle norme e a tutela del professionista precario, che risarcisca il danno con l’ammontare di 30.000 euro per anno da lavoratore precario.
Ovviamente dette situazioni di sfruttamento riguarda anche altre provincie, nelle quali a macchia d’olio s’espande il ricorso alle autorità giudiziarie.
Speriamo che giustizia sia fatta in breve tempo!!
Speriamo che la Regione Puglia e le ASL vogliano rimediare al torto fatto agli infermieri precari e modificare gli accordi come norma vuole ovvero prorogando ulteriormente i contratti già posti in essere per 36 mesi fino alle nuove procedure concorsuali nelle quale prevedere una priorità nelle assunzioni a chi è da anni precario (L. 368/01).
Al fine d’intravedere una nuova stagione dei diritti dei lavoratori in particolar modo quelli del comparto sanità (Corte Costituzionale Sentenza n. 182 anno 2011) che non può sempre subire la peggio a causa dei tagli al debito pubblico condizionati dagli obblighi , si invita formalmente la direzione della ASL BARI , e l’Assessore Tommaso FIORE a voler conciliare diritti dei lavoratori con gli obblighi economici  prevedendo all’uopo un incontro con tutto il personal e sanitario infermieristico precario.
In assenza di specifiche risposte, lo stesso personale si attiverà con adeguate forme di protesta organizzando nei luoghi opportuni libere manifestazioni di pensiero.
DOMENICO CIRASOLE

venerdì 10 giugno 2011

Ricorso precari Sanità Regione Puglia: Le ASL costrette ad assumere dai Tribunali

di DOMENICO CIRASOLE
Ricorso precari Sanità Regione Puglia: Le ASL costrette ad assumere dai Tribunali
Nelle giornata del, 24/03/2011 e del 21/04/2011, presso il Tribunale di Bari — Sezione Lavoro si sono conclusi primi ricorsi giurisdizionali contro la ASL BARI promossi da infermieri e terapisti.
Il ricorso riguarda 31 infermieri e terapisti, appartenenti al gruppo dei "precari storici".
Le parti hanno accettato e firmato un verbale di Conciliazione.
Questo  al fine di non sentirsi dichiarare l’illegittimità del comportamento della Regione Puglia e della ASL BARI, nel continuare ad assumere per più anni lo stesso personale a Tempo Determinato, in assenza di concorsi.

Inoltre per non essere sanzionati alla corresponsione ai singoli ricorrenti di un risarcimento danni.




Detta conciliazione ( R.G. n. 2345/2011 e 5443/2011) tra le parti ha previsto la stabilizzazione finalizzata all'assunzione a tempo indeterminato nelle mansioni d’ infermiere ovvero di operatore professionale sanitario terapisti della riabilitazione, sulla base del sussiste interesse pubblico alla definizione del contenzioso nell'ambito di una valutazione bilanciata degli interessi coinvolti.
I ricorrenti, in considerazione dell'imminente scadenza del rapporto di lavoro a tempo determinato in essere con la ASL, infatti hanno sostenuto di aver svolto attività,  pressocchè   continuativa, in forza di contratti di lavoro a tempo determinato in qualità di infermieri e terapisti della riabilitazione nell'ambito del servizio A.D.I. sorti a seguito di procedure selettive di tipo concorsuale ( avviso pubblico).
Pertanto hanno chiesto al giudice adito l'immediata stabilizzazione nella posizione lavorativa, che da anni ricoprono.
La ASL BARI ha accettato la proposta così come formulata dai ricorrenti sussistendo in capo a ciascuno di essi il possesso di tutti i requisiti di legge previsti per essere stabilizzati e DELIBERANDO di prorogare il rapporto di lavoro a tempo determinato attualmente in essere con i ricorrenti fino alla definitiva stabilizzazione.
Consideriamo che questa conciliazione riguarda solo i primi ricorrenti a fronte di molti precari, che si sono rivolti alle autorità giudiziarie, e che continueranno a farlo patrocinati da sindacati come FIALS e CGIL da sempre attenti al mondo dei lavoratori precari.
Le cifre in gioco sono enormi e ciò dovrebbe indurre la Regione PUGLIA e le ASL DI BARI, FOGGIA, TARANTO. BRINDISI, LECCE a prendere atto che le normative comunitarie impongono una politica del personale che ponga termine allo SFRUTTAMENTO DEL PROFESSIONISTA PRECARIO, e di tutte quelle discriminazioni contrattuali che, finora, rendevano conveniente allo Stato assumere precari piuttosto che procedere alla loro stabilizzazione, ricordando che in puglia sono quasi 3000 gli infermieri, terapisti, tecnici, precari.
Da queste considerazioni il legislatore nazionale con la L. n. 296/06 (finanziaria 2007) e con la L. n. 244/07 (finanziaria 2008), ha deciso di:
A. scoraggiare le PP.AA. allo sfruttamento del lavoro flessibile, e riaffermare il rapporto a tempo indeterminato (art. 36 del D Lgs n. 165/01, secondo cui "le pubbliche amministrazioni assumono esclusivamente con contratti di lavoro subordinato a tempo indeterminato");
B. prevedere limiti temporali al precariato (articolo 7 del DLgs. n. 165/01);
C. escludere l'utilizzo di lavoratori precari per esigenze ordinarie connesse al funzionamento delle proprie strutture amministrative;
D. favorire procedure di stabilizzazione del personale da anni in servizio presso le diverse PP.AA. con contratti a tempo determinato.
L'esigenza di stabilizzare è determinata appunto da un lato dall’ impossibilità di rinnovare il ricorso al precariato e fare fronte ad esigenze organizzative ordinarie (ovvero sostituzioni di posti vacanti per pensionamenti) e dall'altro dall'impossibilità ( imposto da blocchi del turn-over, ovvero da "blocchi delle assunzioni") di procedere ad assunzioni attraverso concorsi del personale.
Ricordiamo che la finanziaria 2007 ha previsto la stabilizzazione a domanda del personale non dirigenziale in servizio a tempo determinato.
La finanziaria 2008, comma 94 dell’articolo 3, ha previsto inoltre  la possibilità per le pubbliche amministrazioni di prevedere, la progressiva stabilizzazione del seguente personale non dirigenziale, tenuto conto dei differenti tempi di maturazione dei relativi requisiti, prevedendo la possibilità di riservare, nei bandi per le assunzioni a tempo indeterminato, una quota fino al 20% al personale con tre anni di lavoro subordinato presso PP.AA., nonché il riconoscimento, in termini di punteggio, del servizio prestato presso le pubbliche amministrazioni per almeno tre anni, anche non continuativi.
Inoltre ricordiamo l’inutilizzabilità nelle PP.AA. dei contratti c.d. "a progetto", introdotti nel settore privato dall’art. 1, comma 2, del D.Lgs. 276/2003 (c.d. legge Biagi).
Nella Regione Puglia, in particolare, i contratti a progetto sono assai diffusi, così come i contratti a tempo determinato, e la concessione di proroghe, conseguenza del blocco delle assunzioni, in particolare nel settore della "sanità pubblica".
Recentemente, il Tribunale del lavoro di Brindisi, (ordinanza 9-10.5.2011) accogliendo il ricorso proposto in via cautelare e urgente da un professionista, ha stabilito alcuni principi davvero importanti per i contratti co.co.co. della pubblica amministrazione.
Innanzitutto la durata del contratto stabilita nel co.co.co., finalizzata a progetto, deve prevedere proroghe per consentire all’interessato di effettuare la propria prestazione, e che non ostano alla prosecuzione del rapporto le disposizioni normative che limitano a 36 mesi il rinnovo dei rapporti di lavoro previsti dall’art. 4 D. Lgs. 368/2001 per i rapporti a tempo determinato di tipo subordinato, non estensibili ai co.co.co., ovvero senza i limiti temporali, ferma restando la necessità che il rapporto conosca limiti temporali determinati, secondo quanto previsto dall’art. 7 D.Lgs. 165/2001.
 
In un caso simile l'ASL BRINDISI Premesso che in data 13.5.2011 scadeva il tetto dei 36 mesi di servizio, a tempo determinato assunto a seguito di avviso pubblico, in qualità di collaboratore professionale sanitario tecnico della prevenzione nell'ambiente al fine di garantire la continuità delle attività già avviate inerenti il Piano regionale della prevenzione, considerate le imminenti scadenze contrattuali decide di procedere alla proroga dei contratti di lavoro in essere.
Questo a causa della specificità della qualifica acquisita dopo 18 mesi di servizio dagli stessi tecnici; e il manifesto pubblico interesse legato alla delicata problematica.
Nelle more dell’espletamento di concorsi pubblici presso la Direzione Provinciale del lavoro di Brindisi è stato stipulato, tra questa Azienda ed il lavoratore, un ulteriore contratto di lavoro a temine del quale lo stesso lavoratore viene assunto con le medesime mansioni del rapporto precedente a decorrere dal 14.5.2011 e per il tempo necessario all’espletamento del concorso.
In tal modo si è D E L I B E R ATA ulteriore proroga al contratto di lavoro a termine stipulato il giorno 28.4.2011, ai sensi dell’ art. 5, comma 4-bis, del D.Lgs. 6.9.2001, n.368 per il tempo necessario all’espletamento del concorso pubblico.
Queste sentenze seguono la scia di altre sentenze nel mondo della scuola e delle Poste  che alternativamente hanno obbligato al reintegro nel posto del lavoro ovvero al risarcimento 500 mila euro per soli 15 lavoratori in contratto a termine (Tribunale di Genova)
 
Fonti
www.personaedanno.it/CMS/Data/articoli/files/021190_resource1_orig.doc
 
www.personaedanno.it/CMS/Data/articoli/021190.aspx
 
www.gildavenezia.it/com/Archivio/2011/febbr01/precari_ultime-sentenze.htm

http://89.97.184.41/elenchi/Pubblicazioni/Delibera/Delibera_1344_2011.pdf
 

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Cresce lo stress da lavoro, i precari fra i più esposti

di Evaristo Sparvieri

Persone che ricoprono ruoli dirigenziali e precari. Nessuna professione sembra esserne esente. Con la crisi economica, aumentano anche a Modena i casi di stress lavoro-correlato, lo stress che nasce e si alimenta nei luoghi di lavoro: un preoccupante fenomeno sociale in crescita costante, che sempre più frequentemente si trasforma in vere e proprie forme patologiche. Nei Centri di salute mentale della nostra provincia, compresi i due presenti qui a Modena, i numeri parlano chiaro: in 5 anni, sono aumentati del 14% i casi di persone che si sono recate per un consulto medico. Poco meno di quattromila i pazienti che l’anno scorso sono stati affetti da nevrosi, una delle condizioni scatenanti lo stress da lavoro di cui soffrirebbero diverse centinaia di modenesi. E proprio oggi all’Una Hotel di Baggiovara, l’Ausl organizza un convegno multidisciplinare sull’argomento, di recente diventato oggetto anche di novità normative.
«Si definisce stress da lavoro un insieme di reazioni fisiche e emotive che si manifestano quando c’è squilibrio tra richieste sul luogo di lavoro e capacità prestazionali del lavoratore – spiega Fabrizio Starace, direttore del dipartimento di Salute mentale e dipendenze patologiche dell’Ausl di Modena – Lo stress influisce negativamente sia sul piano personale che sulla perfomance lavorativa». Non esiste un lavoro più a rischio di un altro: «A rischio sono tutte le professioni in cui viene richiesta un’elevata capacità prestazionale fisica o neuro cognitiva», aggiunge Starace. Per questo motivo, ricchi manager e poveri precari si trovano nelle stesse condizioni: i primi di fronte all’instabilità causata da contratti a tempo determinato e dalla mancanza di paracaduti sociale, i secondi di fronte alle voci di dismissioni, di chiusure che interessano numerose realtà economiche del Paese. «Il dato comune – spiega ancora Starace – è l’incertezza del futuro. Lo stress lavoro-correlato interessa tutto il contesto socio-economico e poi si manifesta in forme diverse nei diversi gruppi sociali. Campanelli d’allarme? La demotivazione è il primo segnale, ma anche le recenti tragedie di bimbi dimenticati nelle auto per recarsi al lavoro possono essere riconducibili a forme di iper apprensione lavorativa». Ci sono precisi indicatori a disposizione delle aziende per capire che i propri lavoratori sono stressati a tal punto da sfiorare la patologia. Ed è anche per questo motivo che la legislazione si sta attivando: entro il 31 dicembre i datori di lavoro dovranno realizzare protocolli di monitoraggio del rischio da stress lavoro-correlato, valutando gli interventi necessari per evitare che lo stress coinvolga i loro dipendenti. «Il messaggio del nostro convegno oggi è proprio questo: oltre ai danni personali, lo stress lavoro-correlato comporta ripercussioni negative anche nelle aziende». Tra i segnali che un datore di lavoro deve tenere monitorati, le assenze per malattia o le forme di astensione dal lavoro: «In genere nelle persone che soffrono di queste patologie aumenta anche la vulnerabilità alle malattie».
Ma quali sono i rimedi? «Le indicazioni sono fornite dall’Oms, che ha indicato come forme per evitare lo stress lavoro-correlato l’adottare strategie di turn-over, la distribuzione equa dei compiti e l’integrazione di competenze. Sul paziente, invece, il consiglio è valorizzare la vita oltre il lavoro, rivalutare amici e famiglia. L’imperativo è “mai minimizzare” di fronte al disagio né dare consigli che alimentino il senso di inadeguatezza delle persone a lavoro».


http://gazzettadimodena.gelocal.it/cronaca/2011/06/10/news/cresce-lo-stress-da-lavoro-i-precari-fra-i-piu-esposti-1.329378

mercoledì 8 giugno 2011

Irregolarità nel concorso per infermieri

La guardia di finanza di Alcamo ha sequestrato, su disposizione della Procura, presso l’Asp di Trapani, tutta la documentazione relativa al concorso per la stabilizzazione di infermieri professionali, bandito dall’Azienda sanitaria. Le Fiamme gialle avrebbero accertato numerose irregolarità nella documentazione allegata alle istanze di partecipazione, presentate da alcuni candidati. Secondo l’accusa, molti partecipanti avrebbero fornito notizie false sui titoli posseduti. L’ipotesi di reato è di truffa aggravata ai danni dello Stato e falsità materiale in copie autentiche di atti pubblici.
Tra i requisiti per partecipare al concorso era previsto che gli infermieri precari dovevano aver già prestato servizio presso l’Asp di Trapani con la qualifica di infermiere professionale a tempo determinato. Le indagini proseguono per accertare se i partecipanti abbiano goduto di eventuali coperture. Il sequestro della documentazione, naturalmente, determina il momentaneo blocco del concorso.

http://www.livesicilia.it/2011/06/08/irregolarita-nel-concorso-per-infermierisequestrati-i-documenti-allasp-di-trapani/

Giovani precari, lavoro all’estero

Voglio presentarvi qui la storia di un ragazzo bolognese che ho avuto il piacere di intervistare un po’ di tempo fa, sul finire del 2009. Dopo essersi laureato, Stefano decide di intraprendere una scelta importante della sua vita.
Il fatto di rimanere in Italia, dove le possibilità di trovare un lavoro adeguato alle proprie capacità sono scarse (se non inesistenti), lo avrebbe condannato molto probabilmente ad una vita priva di reali soddisfazioni, almeno in ambito lavorativo.
Oppure avrebbe dovuto aspettare chissà quanto per riuscire ad ottenere una posizione economica quantomeno decente per iniziare a vivere.
Cosi decide di abbandonare tutto e di trasferirsi in Svizzera, dove una grossa organizzazione internazionale, la IUCN, non vede l’ora di conoscere le potenzialità di un giovane brillante che ha la legittimissima voglia di cominciare ad essere indipendente e di mettere al servizio di chi meglio saprà accogliere le sue capacità.
Questa intervista può avere lo scopo di incrementare la consapevolezza dello stato in cui si trovano i giovani italiani dopo la laurea. Ma anche per dare forza ad ognuno di loro, raccontando storie di altri ragazzi che si trovano in situazioni analoghe.
  • Da quanto tempo lavori per la IUCN e qual è la tua mansione specifica?Dunque, dal momento che iniziai nell’aprile del 2008, sono oggi poco più di 19 mesi che lavoro presso la sede mondiale di IUCN (l’Unione Internazionale per la Conservazione della Natura dall’acronimo inglese) sul lago di Ginevra. Per l’esattezza, lavoro nel Programma per l’Acqua inteso come l’insieme delle risorse idriche non marine e tutti gli ecosistemi ed attività umane ad esse associati. Le attività di IUCN sono infatti organizzate in modo da produrre risultati nel campo delle 5 tematiche principali a programma che sono biodiversità, cambiamenti climatici, energie sostenibili, riduzione della povertà ed economie verdi. Per questo motivo, tanto il segretariato in Svizzera quanto i vari uffici continentali e nazionali, si dividono in programmi tematici ed unità operative che trattano problematiche specifiche come ad esempio, specie in pericolo, aree protette, risorse marine, conservazione delle foreste, gestione di ecosistemi particolari quali isole e deserti, e appunto bacini fluviali. In particolare, la mia unità si occupa di promuovere soluzioni sostenibili per l’uso delle risorse idriche secondo un approccio per cui gli ecosistemi, quando mantenuti integri nelle loro funzioni, possano svolgere adeguatamente quei preziosi servizi per la società che sono, ad esempio, sostentare la produzione ittica ed agricola delle regioni rurali, purificare l’acqua ad uso potabile, o frenare l’effetto dannoso di alluvioni e siccità. Nello specifico delle mie mansioni, io ho il compito di coordinare a livello centrale alcune delle reti di informazione che consentono lo sviluppo e la diffusione dei concetti sopra esposti nonché di supportare per parte tecnica l’analisi e la sintesi delle esperienze che l’organizzazione matura sul campo attraverso progetti pilota di uso sostenibile dei bacini idrici. Questo ai fini della produzione di vari prodotti di comunicazione rivolti al grande pubblico, di linee guida e altro materiale tecnico ad uso professionale così come di reportistica mirata alle sedi di discussione dei relativi processi decisionali del settore che si manifestano durante appuntamenti istituzionali quali forum e convegni.
  • Prima di trasferirti hai avuto altre esperienze lavorative in Italia? Come ci sei finito in Svizzera?Per rispondere a questa domanda, permettimi di riassumere la mia storia dal prinicipio, o quasi. Laureato con lode in Scienze Naturali presso l’Università di Bologna nel 2003, presto (o tardi?) mi rendo conto che, al di fuori dell’insegnamento, sono ben pochi gli sbocchi occupazionali in questo settore. Rinuncio quindi ad infilarmi negli ambiti estremamente nepotistici che la ricerca come dottorando avrebbe comportato. Rinuncio anche ad intraprendere un master in conservazione della natura che mi avrebbe, con ogni probabilità, messo in coda come addetto alla pianificazione faunistica. M’iscrivo bensì ad un corso di formazione per le certificazioni ambientali della durata di un anno. Ultimatolo, scelgo la via dell’amministrazione pubblica più per vocazione personale che per chiare opportunità. Difatti, lavoro a contratto per due periodi non consecutivi intermezzati da un inverno come “archivista” inscatolatore di faldoni. Se fossi rimasto alla Provincia di Bologna, oggi avrei la certezza di esser stato allontanato per i ben noti tagli alla spesa pubblica. La stessa sorte è infatti toccata a 4 dei giovani dipendententi privi di contratto a tempo indeterminato. Questo in un’unità organizzativa che comprendeva appena 8 membri di personale. Se avessi scelto il settore privato invece, sarei quasi certamente rimasto a lavorare per uno studio di consulenza ambientale, conducendo sopralluoghi per la conformità ambientale, sanitaria o di sicurezza del personale. Questo con tutte le difficoltà iniziali del caso alle quali sei costretto per massimizzare il numero di commesse e sopperire quinsi alla mensilità altamente variabile tipica del titolare di Partita IVA. Oggi, invece, ho maturato quasi 2 anni di esperienza lavorativa con la piu grande organizzazione non-governativa nel settore della conservazione della natura, sto dando uso a tutto ciò che ho imparato nel coros dei miei studi, percepisco uno stipendio in linea con gli standard svizzeri che è almeno 3 volte quello della media dei miei amici che ho lasciato a Bologna, ma sopratutto vivo nella serena condizione per cui non devo preoccuparmi di subire prevaricazioni o raggiri nel quotidiano. Tutto questo perché arrivò il bel giorno in cui mi convinsi che in Italia non c’era un futuro per me, che i sacrifici e le rinunce sarebbero stati col tempo molto maggiori, e questo anche grazie al Regno di Svezia che ha pagato per la mia istruzione di livello internazionale, val a dire un master in politiche e gestione dell’ambiente della durata di 1 anno e mezzo (pre-riforma secondo il ben noto processo di Bologna). Dopo 5 mesi di ricerche e colloqui (perché c’è da dire che la concorrenza non manca certo sul mercato del lavoro europeo e una contrazione fisiologica dell’offerta c’è comunque stata rispetto ad alcuni fa), sono infatti stato assunto in quella che è la mia attuale occupazione.
  • Quali differenze, se le hai riscontrate, tra l’una e l’altra esperienza?Per descrivere quali differenze posso aver riscontrato tra le due esperienze, bisogna innanzitutto capire che il sistema-mercato del lavoro all’estero opera diversamente rispetto all’Italia. Intanto, si suppone che una laurea di 3 anni (il cosiddetto Bachelor secondo il sistema universitario anglosassone) dovrebbe consentire di trovare un lavoro equivalente a tale qualifica. Pena, non avrebbe ragione di esistere come titolo di studio a se stante. Dopodiché, i giovani di altri paesi solitamente trascorrono qualche anno accumulando esperienze lavorative prima di intraprendere un altro biennio di studi (il cosiddetto Master secondo il sistema universitario anglosassone). Ma questo accade solamente se se ambisce a posizioni più eminenti e remunerative nelle varie gerarchie professionali. Lo stesso vale per il Dottorato, il quale, in ambiti non prettamente accademici, viene mediamente perseguito anche dopo 15 anni di carriera. Da noi, il master è diventato un proseguimento quasi obbligato dopo il normale percorso universitario, senza per altro costituire alcuna garanzia di impiego futuro. Questo per quanto riguarda l’accesso al mercato del lavoro. Una volta accedutovi, le cose rimangono molto diverse dalla situazione italiana. Ma nient’altro che come dovrebbero essere in un sistema normale e meritocratico. Nel mio caso, ad esempio, dopo 18 mesi di contratto come Junior Professional Associate, una specie di “internship” retribuita o “entry position” nel linguaggio corporativo (lo sottolineo perché il lavoro di natura gratuita che in Italia si è diffuso sotto il nome di “stage” ed è diventato così comune per i nostri praticandanti viene di norma effettuato su base volontaria da studenti “undergraduate” che sono quindi ben lungi dal possedere diplomi e qualifiche pluriennali), il datore di lavoro si è ritrovato a dover risolvere la mia situazione contrattuale e a promuovermi a Project Officer che rappresenta il livello successivo nella piramide organizzativa di IUCN. Per legge infatti (in questo caso il diritto federale svizzero), si presume che dopo un certo periodo di tempo, il dipendente debba avanzare di carriera all’interno dell’organizzazione qualora si sia verificata una crescita e le risorse lo consentano. Ripeto che la concorrenza è forte e le ambizioni molteplici, perciò rimane del tutto vero che nessuno ti regala niente. Tuttavia, quando i meriti vengono dimostrati, è normale che le relative gratifiche ne conseguano. Francamente, la cosa che mi rattrista maggiormente è che la ricerca di un lavoro in Italia sia diventata quasi un mendicare, mentre all’estero le risorse umane vengono ancora viste come un patrimonio da ricercare attivamente.
  • Sei un ragazzo giovane che lavora in un’organizzazione internazionale per la salvaguardia della natura e quindi della vita del nostro pianeta. Fortuna, passione, soddisfazione. Quanto questi fattori hanno giocato e giocano un ruolo fondamentale per te?Fortuna? Certo. Non mi vanto infatti di esser stato oltremodo lungimirante. Del senno di poi, ne son piene le fosse. Senza contare che, per quanto invidiabili possano presentarsi i titoli su di un curriculum vitae, le conoscenze e le relazioni personali contanto spesso più di tutto il resto. Nel mio caso, ad esempio, avere un’amica che già lavorava per IUCN ha senz’altro aiutato ad individuare l’offerta di lavoro in questione. Così come è risultato fondamentale avere incontrato colui che è diventato poi il mio capo in sede di alcune interviste condotte all’epoca della mia tesi di master. Ciò è servito a guadagnare quella dose di stima e di fiducia che un colloquio di lavoro tra perfetti sconosciuti non consente di certo. Nonostante la fortuna, comunque, credo che, anche se inconsciamente, le mie decisioni siano sempre state dettate dalla crescente consapevolezza che non avrei trovato pace nella sensazione di aver sprecato 6 anni di studi. Così, mano a mano, ho corretto la rotta della mia carriera. Passione dunque? Senz’altro. E caparbietà. Inoltre, l’esperienza all’estero mi ha consentito di acquisire una panoramica molto più ampia di quelle che sono le opportunità esistenti a questo mondo. Prima di sbarcare sui lidi in cui mi trovo adesso, non avevo un’idea precisa di tutte le possibilità occupazionali che la mia professione prevede. Purtroppo, gli enti attivi nella sfera dei miei interessi professionali, ovvero quelle istituzioni di natura pubblica o privata che effettuano ricerca e consulenza a livello politico ed amministrativo su tematiche ambientali, si contano sulle dita di una mano nella nostra realtà. Inutile ripetere, quindi, che questa rotta che ho intrapreso porta lontano dall’Italia. Forse quando un giorno avro’ raggiunto lo status di “senior” potrò e vorrò tornare in patria. Allora e solo allora, forse, non sarei esposto ai torti e i soprusi riservati ai giovani nel nostro paese. E questa sarebbe un’ulteriore soddisfazione, credo.
  • E’ stato difficile stabilirsi in un altro paese? Sono più le cose che hai lasciato o quelle trovate?In realtà, una volta fatto il passo, non è poi così difficile ambientarsi in un altro paese europeo. In fondo, penso che al giorno d’oggi stabilirsi oltralpe sia un po’ come un tempo era emigrare al nord Italia per i nostri nonni. È solamente una questione di scala. In più, stare in Svizzera è piuttosto conveniente in quanto paese limitrofo dagli altissimi livelli di welfare e con un spiccata componente demografica italiana. Inoltre, a differenza di altre situazioni come Brussels su cui l’opinione dei residenti stanieri è generalmente critica, la zona di Ginevra presenta diverse amenità di tipo paesaggistico che contribuiscono ad allietare gli spostamenti e favorire le attività all’aperto. Se poi mi si chiede cosa mi manca del mio paese, premetto subito che sono affezionato alla sua cultura e al suo carattere. Sono le condizioni in cui versa il sistema-stato a cui sono avverso. Ci sono infatti aspetti di giovialità che non si riscontrano al di fuori dei paesi tipicamente mediterranei. Allo stesso tempo non mi definirei il tipico italiano per temperamento. Basti pensare che il mio paese di elezione in Europa andrebbe ricercato in Scandinavia, dove per altro ho studiato e tornerei volentieri a stabilirmi. Per cui non sono molte le cose che mi mancano al di là degli affetti degli amici e della famiglia. Non nel quotidiano almeno. Ci sono infatti altre cose che valuto più stimolanti. Come ad esempio confrontarsi costantemente con altre culture e stili di vita. Solo tra i colleghi dello stesso piano dell’ufficio dove lavoro, ci sono almeno 20 nazionalità diverse rappresentate. La varietà di prospettive e di pensiero che possiamo incontrare oggi è semplicemente troppo vasta e relativamente accessibile perché possa pensare di limitarmi ai confini nazionali. Allo stesso tempo, si è ormai raggiunta una certa uniformità di costumi, almeno nel mondo occidentale, per cui tra persone anche geograficamente molto distanti ci si diverte tutti allo stesso modo. Bologna è già abbastanza provinciale di suo, con tutti i pregi e i difetti che questo comporta. Ma non voglio generalizzare. Ogni situazione ne ha e le circostanze cambiano di continuo. Per questo motivo ho in mente un percorso itinerante per me stesso.
  • L’ultima cosa di cui si sta occupando la IUCN è il Countdown 2010. Tra i primi paesi figura l’Italia per l’impegno a fermare la perdita di biodiversità. Spieghiamo in cosa consiste e come si realizza nel concreto. Inoltre, come viene vista l’Italia in termini di politica ambientale? Countdown 2010 è un’iniziativa legata alla Convenzione internazionale sulla diversità biologica che riunisce governi, la società civile, il settore privato e le amministrazioni locali in un azione concertata contro il problema delle estinzioni. Ciascun partner firmatario si impegna infatti a contribuire al rallentamento del tasso di perdita della biodiversità attraverso azioni che si differenziano a seconda degli impatti ambientali dei singoli e della sfera di influenza che possono ad avere, ad esempio, uno stabilimento industriale o un’attività estrattiva rispetto ad un ente di pianificazione territoriale come la Provincia. Gli obiettivi di riduzione del tasso di estinzioni propri dell’iniziativa Countdown 2010 coincidono temporalmente con la data della prossima conferenza delle parti della convenzione che si terrà in Giappone alla fine del prossimo anno. Questo è uno degli impegni principali sulla agenda politica globale di IUCN che consiste appunto nell’influenzare, incoraggiare ed assistere i vari paesi del mondo affinché questi salvaguardino la biodiversità assicurando così che l’uso delle risorse ambientali sia equo e sostenibile. Di più immediata risonanza sarà pure la conferenza sul clima delle Nazioni Unite che avrà luogo ad inizio dicembre a Copenhagen. Lì, IUCN sarà in prima linea per influenzare i negoziati e promuovere l’integrazione nel testo dell’eventuale trattato di due principi fondamentali: la riduzione dell’emissioni di anidride carbonica provenienti dalla deforestazione nei paesi in via di sviluppo e l’uso degli ecosistemi per l’adattamento ai cambiamenti climatici. In questo caso, l’Italia non brilla certo per iniziativa come invece altri grandi paesi europei che hanno investito in energie rinnovabili quali la Germania o che hanno voluto dirigere l’impegno ed il dialogo sui cambiamenti climatici come il Regno Unito. Tradizionalmente, infatti, l’Italia ha sempre inseguito gli altri paesi membri più influenti in materia di politiche ambientali innovative. Ciononostante, la Cooperazione Italiana allo Sviluppo del Ministro degli Affari Esteri figura tra quella decina di agenzie governative che hanno stipulato un accordo quadro per il finanziamento delle attività di base di IUCN e sponsorizza attivamente una serie di progetti focalizzati sulle aree desertiche del Medio Oriente e su di alcune comunità isolane. IUCN lavora infatti principalmente attraverso i finanziamenti destinati dai governi dei paesi più sviluppati alla cooperazione internazionale per mano delle varie agenzie multilaterali. Gli stessi progetti sul campo del Programma dell’Acqua a cui mi riferivo sono condotti prevalentemente in quei paesi che hanno sufficente stabilità politica ma che mancano della capacità istituzionale per ovviare alle probletiche in questione.
Luca Bellinello
http://www.digikomp.it/giovani-precari-lavoro-allestero.html

martedì 7 giugno 2011

In puglia perchè si stabilizzano ausiliari, geometri, periti, assistente sociali, e non medici ed infermieri ?

Non capiamo la volonta politica della regione Puglia e delle ASL, che in piena crisi estiva, con una carenza organica cronica, e la presenza di posti vacanti da ormai più di 4 anni, manda  a casa medici ed infermieri.

La regione Puglia continua a bandire nuovi avvisi pubblici, e contemporaneamente manda a casa professionisti dopo averli sfruttato per molti anni, raggirando le norme europee e nazionali, che impongono la trasformazione di diritto del rapporto di lavoro da determinato a indeterminato, cosi come confermato da alcune sentenze.

Detto personale secondo la normativa vigente a termine contratto avrebbe diritto a veder trasformare il proprio rapporto di lavoro.

Il comportamento di raggiro della Regione Puglia ha spinto moltissimi professionisti (medici e infermieri) ad addire il giudice competente, affinche si pronuncia sulla questione in esame.

La regione Puglia inoltre, cosi come altre regioni, stranamete decide di non procedere a stabilizzazione  infermieri e medici, e di stabilizzare, nella ASL DI FOGGIA SI  AUSILIARI SPECIALIZZATI  (delibera 03/06/2011 DL0778/11), ASSISTENTI TECNICI (delibera DL0776/11); GEOMETRA (delibera 03/06/2011 DL0775/11); ASSISTENTE SOCIALE (delibera 03/06/2011 DL0772/11).

fonte http://151.2.173.11/elenchi/elenco.asp?tipo=delibera

I giovani precari diventeranno anziani bisognosi

Il sistema pensionistico introdotto nel 1995 penalizza le discontinuità di carriera e la limitata dinamica salariale

di Vincenzo Galasso, direttore del Centro Dondena Bocconi di ricerca sulle dinamiche sociali
Il precariato che colpisce le giovani generazioni è sotto gli occhi di tutti. Su dieci persone che si affacciano al mercato del lavoro in Italia prima dei 30 anni, solo tre ottengono un lavoro a tempo indeterminato, le altre entrano con una delle oltre quaranta tipologie di contratto a tempo determinato esistenti.
E passare da un contratto a tempo determinato a uno a tempo indeterminato non è semplice: ogni anno riesce solo a poco più del 10% di giovani. Si rimane dunque a lungo in questo limbo, con un salario in media inferiore del 25% a quello dei più fortunati, senza sussidi di disoccupazione e con un percorso lavorativo accidentato, fatto anche di disoccupazione, magari accompagnata dal ritorno a casa dei genitori.
Ma forse non tutti sanno che il precariato lascia un’eredità pesante anche sul futuro delle giovani generazioni, un sigillo che li segue fino alla pensione. Anzi, proprio al termine della loro vita lavorativa, i giovani di oggi scopriranno di dover pagare ancora una volta il conto lasciato loro dai genitori. Le loro pensioni saranno molto meno generose di quelle dei loro padri, e dunque i giovani di oggi saranno verosimilmente forzati, non dalle leggi del parlamento ma da quelle dell’economia, ad andare in pensione più tardi, per potersi garantire un reddito previdenziale adeguato.
Per avere un’idea dell’impatto del precariato di oggi sulle pensioni di domani, consideriamo le carriere lavorative di due ipotetici giovani: Lorenzo e Pierpaolo.
Per le donne, il calcolo sarebbe ancora più impietoso, poiché, almeno in Italia, esse hanno carriere lavorative più discontinue e dunque pensioni tipicamente più basse degli uomini.
Lorenzo è un ragazzo fortunato: inizia a lavorare a 25 anni con un contratto a tempo indeterminato e uno salario mensile di 1.000 euro. Alla fine della sua carriera lavorativa, il suo salario reale supera i 2.000 euro. Se decidesse di andare in pensione a 60 anni, otterrebbe un beneficio previdenziale mensile reale compreso tra i 1.023 e 1.112 euro, con un tasso di sostituzione (il rapporto tra pensione e salario pre-pensionamento) attorno al 55%. Ma, ritardando a 67 anni l’uscita dal mercato del lavoro, la sua pensione reale mensile oscillerebbe attorno ai 1.600 euro, con un tasso di sostituzione dell’80%. Con 42 anni di contributi, Lorenzo otterrebbe dunque lo stesso trattamento previdenziale del padre (ovvero un tasso di sostituzione dell’80%), che di anni ne aveva lavorati 40.
A Pierpaolo le cose vanno meno bene: entra nel mercato del lavoro a 25 anni con un contratto temporaneo, che riesce a mantenere fino ai 28 anni. Per un anno è disoccupato, poi ottiene un lavoro a tempo determinato che tiene fino ai 32, quando si ritrova nuovamente disoccupato. A 33 anni l’ultimo contratto temporaneo che dopo due anni si trasforma in tempo indeterminato. Inoltre Pierpaolo ha un salario mensile di soli 800 euro, che rimane quasi costante, in termini reali, fino a quando ai 33 anni approda al contratto a tempo indeterminato. Alla fine della sua carriera lavorativa, il suo salario reale mensile supera di poco i 1.300 euro. Le difficoltà di inserimento di Pierpaolo hanno dunque segnato la sua carriera lavorativa. Il suo salario reale finale è solo del 62,5% più alto di quello iniziale. Il salario di Lorenzo è invece raddoppiato. Con un sistema previdenziale a contributi definiti, come quello introdotto in Italia dalla riforma Dini del 1995, una carriera lavorativa discontinua e una scarsa crescita salariale si riflettono fortemente sui benefici previdenziali. Se andasse in pensione a 60 anni (come suo padre), Pierpaolo percepirebbe un assegno mensile reale compreso tra i 638 e i 690 euro. È solo lavorando fino a 67 anni che Pierpaolo potrebbe ottenere una pensione mensile reale attorno ai 1.000 euro.
Al momento dunque ai giovani di oggi non rimane che puntare su un forte aumento della longevità che consenta loro di posticipare la pensione e di continuare a lavorare. Tuttavia, una riduzione del dualismo sul mercato del lavoro, ad esempio attraverso l’introduzione di un contratto unico che riduca le differenze tra contratti temporanei e permanenti, consentirebbe ai giovani un migliore inizio della loro vita lavorativa e una vecchiaia più serena.
 

Giovannini (Istat): è allarme occupazione giovanile, in due anni persi 482mila posti


Nel biennio 2009-2010 il numero di occupati in Italia è diminuito di 532mila unità, di cui ben 482mila (il 90%) ha riguardato giovani under 30. È l'allarme lanciato dal presidente dell'Istat, Enrico Giovannini in audizioni dinnanzi alla commissione Lavoro della Camera, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sul mercato del lavoro tra dinamiche di accesso e fattori di sviluppo.
Perde il posto anche chi ce l'ha fisso
In termini relativi, ha spiegato Giovannini, la flessione dell'occupazione giovanile (pari all'8% nel 2009 e al 5,3% nel 2010) è stata oltre cinque volte più elevata di quella complessiva. Tra il 2008 e il 2010 quindi il tasso di occupazione dei giovani 18-29enni si è contratto di circa sei punti percentuali, scendendo al 42 per cento. «Se nel 2009 - ha detto Giovannini - erano stati colpiti dalla crisi soprattutto i giovani lavoratori atipici (dipendenti a termine e collaboratori), nel 2010 sono quelli standard (a tempo pieno e durata non predeterminata) a mostrare il calo maggiore». Ma il quadro non è roseo per nessuno: nel primo trimestre 2009 ogni 100 giovani "precari" soltanto 15 hanno un lavoro standard dopo un anno. Erano 24 (su 100) tra il 2007 e il 2008. Mentre chi conserva un posto a tempo dopo un anno è salita dal 53,3% del 2008 al 60,1% nel 2010. In più: nel 2010 sono circa 2,1 milioni, il 22,1% della popolazione corrispondente, i giovani Neet, ovvero che non studiano e non lavorano.
Al Nord il calo maggiore dell'occupazione giovanile
Giovannini ha sottolineato poi come quasi la metà della caduta dell'occupazione sia avvenuta al Nord (-237mila unità, il 49,2% della riduzione totale), ma in termini percentuali la discesa è stata maggiore nelle regioni del Sud (-16,3%, contro il -12,2% del Nord, e il -9,2% del Centro). Il calo dell'occupazione giovanile è stata molto forte nella trasformazione industriale (-23,6%, quasi 200mila unità).
La mappa della crisi occupazionale
La discesa dell'occupazione ha riguardato soprattutto la maggioranza dei gruppi professionali e, in misura particolare, le professioni qualificate e tecniche (-18,2 per cento, pari a -174 mila unità). Tra le donne è stato particolarmente forte in termini relativi il calo delle professioni operaie (-30,3 per cento), cui si è contrapposto l'incremento di quelle non qualificate (+16,6 per cento pari a 20 mila unità). Il tasso di occupazione per i giovani con al più la licenza media è caduto dal 43,3% del 2008 al 36% del 2010, per i diplomati dal 48,8 al 43,9% e tra i laureati dal 54,2 al 48,5 per cento.
Il lavoro arriva grazie alla "segnalazione"
Tra le altre caratteristiche del mercato del lavoro del Belpaese, ha aggiunto Giovannini, spicca come il primo lavoro, nel 55% dei casi, si trovi grazie alle segnalazioni di parenti e amici. Centri per l'impiego e agenzie per il lavoro sono utilizzati da meno del 5% del totale dei giovani. Il diploma tecnico e professionale poi rappresenta una carta vincente per l'inserimento nel mondo del lavoro (ma le iscrizioni fanno fatica a decollare), a differenza del diploma liceale. La laurea conviene ancora (in termini di migliore occupazione e salari), ma meno che in Europa. Il dottorato di ricerca invece garantisce quasi sempre un lavoro. I tassi di occupazione, ha concluso Giovannini, variano, sia pure in misura minore, con gli ambiti disciplinari e vanno da oltre il 97% dell'ingegneria industriale e dell'informazione, a livelli inferiori al 90% nei corsi afferenti alle scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche, alle scienze dell'antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche e alle scienze politico-sociali.

Il Pd nazionale raccoglie la proposta Rossi di tagliare i vitalizi ai politici

Il presidente Rossi sente "accolta" dal Pd la proposta di tagliare vitalizi a parlamentari e consiglieri regionali. Inoltre si parla di alzare il costo del lavoro dei precari a vantaggio dei contratti stabili

di Redazione - 06/06/2011
enrico-rossi_14"Tagliare i vitalizi", l’aveva proposto da tempo Enrico Rossi. Ora il presidente della Toscana ascolta una sua idea fagocitata dal Pd, si spera per una proposta nazionale. Stop alle rendite a vita per parlamentari e assessori regionali: “A me del vitalizio per i consiglieri e gli assessori regionali non importa proprio nulla” diceva Rossi lo scorso ottobre, vantando anche il “privilegio” di governatore meno pagato d’Italia.
Adesso proprio il presidente, bandiera del taglio alle rendite istituzionali, si sente soddisfatto “Mi fa piacere sentire Bersani che, parlando della riduzione dei costi della politica, invita tutti a togliere di mezzo il vitalizio”.

Ancora sul lavoro, cavallo di battaglia della truppa del segretario Bersani, si potrebbe respirare un po’ d’aria fresca. Sfruttare il lavoro precario per favorire il lavoro stabile, come ? Proprio sulla pagina facebook di Rossi si spiega la strategia per l’Uovo di Colombo del PD: “Usiamo il lavoro precario come trampolino per il lavoro stabile. Basta che un’ora di lavoro stabile costi un po' di meno, e un'ora di lavoro precario di più. In questo modo le aziende sarebbero spinte a limitare i precari a vantaggio dei contratti stabili. E’ l’uovo di Colombo, facciamolo diventare l’Uovo del PD… perché è meglio un uovo oggi che una gallina mai...”.
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Pensioni/ Camusso: Cautela su equiparazione aliquote

Occorre agire con cautela sul fronte della equiparazione delle aliquote contributive dei lavoratori parasubordinati. "Una norma di questo tipo va fatta con molta attenzione perché con l'attuale lavoro precario, in gran parte, la contribuzione la pagano direttamente i lavoratori". A sostenerlo è il segretario generale della Cgil, Susanna Camusso, a margine della presentazione del rapporto sullo stato sociale presso la facoltà di Economia della Sapienza. "Si è fatta molto crescere la precarietà - ha detto la Camusso - in ragione del fatto che costava meno. Quindi l'idea di unificare le aliquote contributive è nel solco dell'idea che da sempre sosteniamo che se il lavoro è precario, o meglio se è flessibile, deve essere più costoso di quello ordinario". Per il leader della Cgil, dunque, "servono norme di esigibilità altrimenti si costruirebbe un'altra trappola ai danni dei lavoratori precari".

Nasce un partito politico che abolisca il lavoro precario.......

ABOLIAMO IL LAVORO PRECARIO, facciamo nasce un partito politico con ideali cristiani che abbia come obiettivo principale quello di eliminare dalla legislazione italiana la pratica del lavoro precario.

I nostri partiti ci hanno venduto, la classe politica quadagna troppo e ha molti privilegi.

L'Italia ha bisogno di una nuova primavera.
Mandiamo a casa destra e sinistra, serve un nuovo partito politico cristiano, trasparente, democratico, che giuri fedeltà alla carta costituzionale e che nasca per ripristinare il lavoro a tempo indeterminato come regola, eliminando ogni flessibilità.
Siamo stanchi della politica come disegualianza economica, sociale, basata sui privilegi.

Inviateci commenti e suggerimenti cirasole.do@libero.it

Lavoro stabile 'meno caro' e precari pagati di più con l'obbligo ad assumere a tempo indeterminato

Obbligare ad assumere chi è precario prima di procedere a nuove assunzioni da precario, questa è la vera sfida, nel pieno rispetto della normativa europea e nazionale.

Basta con raggiri normativi e sfruttamenti di tantissimi lavoratori che sperano nella stabilità lavorativa!!

Gianni Carpini Lunedì 06 Giugno 2011 10:24
rossiUsare il lavoro precario come ''trampolino di lancio'' per il lavoro stabile. E' la proposta salva – occupazione che arriva dal presidente della Regione Enrico Rossi, direttamente dal web.
L'IDEA. ''Basta che un'ora di lavoro stabile costi un po' di meno e un'ora di lavoro precario di più – spiega il governatore sul suo profilo Facebook - in questo modo le aziende sarebbero spinte a limitare i precari a vantaggio dei contratti stabili''. Un'idea diretta anche ai vertici del Partito Democratico: "E' l'uovo di Colombo, facciamolo diventare l'Uovo del PD – scrive ancora Rossi - perché è meglio un uovo oggi che una gallina mai".
LE MISURE. Recentemente la Regione Toscana ha presentato un pacchetto di iniziative per sostenere l'occupazione, con lo stanziamento di 8 milioni di euro. Tra le misusre previste incentivi dirette alle aziende che assumono a tempo indeterminato, a tempo pieno o parziale, donne over 30 e giovani laureati con contratti indeterminati o della durata di almeno un anno.

fonte http://www.ilreporter.it/index.php?option=com_content&view=article&id=17174:lavoro-stabile-meno-caro-e-precari-pagati-di-piu-la-ricetta-di-rossi&catid=87:politica&Itemid=125

Lavoratori precari oggi, senza pensione domani

Dati shock dell'Inps
Si sta come, d'autunno, sugli alberi, le foglie, poetava Ungaretti, cogliendo l'essenza di una condizione umana che in questo autunno nel paese e in Abruzzo vivono in particolare una categoria di esseri umani nel fiore degli anni e senza futuro, i lavoratori precari.
Precari, a termine, con scadenza, impiegati negli enti pubblici da dimagrire nei punti deboli, ma dove ai vertici i dirigenti e alti papaveri si spartiscono lauti premi, nella scuola che sempre più diventa un lusso o un optional, in un paese dove per far carriera e soldi è meglio essere ignoranti e bastardi dentro. E ancora i precari della cultura, a tal proposto tocca punte esilaranti la lettera del ministro Bondi dove egli si lamenta ed esprime sbigottita preoccupazione per devastanti tagli da lui stesso apportati e rivendicati in parlamento.
La crisi anche in Abruzzo, la stanno pagando soprattutto i precari, perdendo il posto, con i loro stipendi da fame, e, veniamo a bomba, con i versamenti per una pensione che non riceveranno mai.
Nel corso di un convegno infatti sul funzionamento relativo alla consultazione on line della posizione previdenziale personale, che rientra tra le novità introdotte nella scorsa estate dall'Inps e che permetterebbe a tutti i lavoratori di consultare la propria situazione contributiva, si è scoperto infatti che, per il lavoratore parasubordinato, non sarà possibile, simulare quella che dovrebbe essere la sua pensione, cosa che, invece, possono fare i lavoratori attualmente dipendenti. Il motivo di questa differenza sta nel fatto che un precario non riceverà nessuna pensione in futuro.
I contributi che stanno versando adesso servono soltanto a pagare chi la pensione ce l'ha garantita. Questa é la notizia che l'Inps tenta forse di nascondere per evitare la rivolta, come ammette il presidente dell'istituto di previdenza, Antonio Mastropasqua:
''I precari, i lavoratori parasubordinati non avranno la pensione. Pagano contributi inutilmente o meglio: li pagano perché l'INPS possa pagare la pensione a chi la maturerà. Per i parasubordinati la pensione non arriverà alla minima, nemmeno se il parasubordinato riuscirà, nella sua carriera lavorativa, a non perdere neppure un anno di contribuzione. L'unico sistema che l'INPS ha trovato per affrontare l'amara verità, è stato quello di nascondere ai lavoratori che nel loro futuro la pensione non ci sarà, sperando che se ne accorgano il più tardi possibile e che facciano meno casino possibile''.
Allo stato delle cose, insomma, chi ha un contratto a progetto o lavora con ritenuta d'acconto o ancora ha una partita Iva o un contratto di collaborazione occasionale, non riceverà neanche la pensione minima. Cioè dopo una vita di sacrifici ha forti i di diventare un barbone, un pezzente, un morto di fame, per essere chiari.
In proposito anche l'Acta, Associazione Consulenti Terziario Avanzato, ha dichiarato in un comunicato stampa che "la Gestione Separata INPS (quella cui vengono iscritti i subordinati, ndr) ha principalmente l'obiettivo di drenare risorse con cui coprire i buchi dell'Istituto di Previdenza. Questa operazione non soltanto è iniqua, ma grava sulle categorie più deboli del nostro mercato del lavoro".
E ancora: "L'affermazione di Antonio Mastropasqua conferma la consapevolezza intorno alla situazione e la volontà di tenere nell'ignoranza i contribuenti sulla pensione che riceveranno. È un atto di deliberato sovvertimento dei principi più elementari di governo democratico delle Istituzioni". Acta nel suo comunicato stampa ha poi chiesto al ministro del Lavoro Maurizio Sacconi di rispondere di queste omissioni e di mantenere le promesse.
Un mondo lontano, quello di un'intera generazione di giovani rispetto a quello ovattato e dorato dei 245 deputati e 107 senatori oggi in carica che matureranno la pensione dopo cinque anni di gratificante lavoro alla Camera, solo quattro anni e mezzo al Senato.
Disegnato il contesto veniamo all'Abruzzo. A seguire il comunicato stampa dei dipendenti a termine della Regione Abruzzo. Anche il loro tempo sta scadendo:
'' Lunedì 11 ottobre, si è consumata l'ennesima beffa per il personale precario della Regione Abruzzo, presente alla "promettente" riunione fra le Organizzazioni Sindacali e l'Ente: ciò che ne è venuto fuori è un dietro-front eclatante dell'Amministrazione rispetto alle aperture mostrate nella precedente riunione del 4 ottobre, che facevano ben sperare in merito ad un percorso di stabilizzazione.
Riguardo l'applicabilità della famosa D.G.R. 38/2008, quale strumento fondamentale e già in parte utilizzato per il superamento del precariato della Regione Abruzzo, la Giunta ha richiesto un parere al Ministero della Funzione Pubblica, il quale al riguardo non si è pronunciato affatto, in quanto non di sua competenza.
Si cita dal parere della Funzione Pubblica: "...si fa presente che il presente ufficio non ha competenza a pronunciarsi sulla legittimità o meno di una delibera adottata da una Giunta Regionale. Precisato quanto sopra, con la presente nota si forniscono criteri interpretativi della normativa sulla stabilizzazione contenuta nelle leggi finanziarie 2007/2008, ferma restando l'autonomia nell'adozione di ogni atto di pertinenza dell'organo politico e di quello amministrativo di codesta amministrazione".
Tuttavia, a seguito di una personalissima ed originale interpretazione del suddetto parere da parte dell'Assessore Carpineta, è stata negata, non solo l'evidente validità della delibera 38 (come da precedente parere del Prof. Cerulli Irelli), ma anche altre soluzioni che salvaguardino i co.co.co. e il patrimonio delle professionalità acquisite nel corso di oltre 10 anni.
Il tempo per i precari sta finendo (un mese e mezzo circa alla scadenza dei contratti), tempo che gli stessi amministratori stanno rubando ad una reale ricerca di soluzioni che tutelino sì i precari e i loro diritti di lavoratori, ma anche l'interesse pubblico dell'Ente e della collettività intera, assicurando la continuità di gran parte dei servizi che la Regione deve garantire.
In tutta questa vicenda il silenzio più assordante è quello del Presidente Chiodi. Basta chiacchiere, i precari pretendono più responsabilità e competenza.''