CORSIE D'EMERGENZA
Sanità, precari d'urgenza
Un medico del Pronto soccorso: «Anche noi vittime dei tagli».
di Antonietta Demurtas
http://www.lettera43.it/attualita/40876/sanita-precari-d-urgenza.htm
L'ennesimo scandalo di malasanità che è scoppiato nelle corsie del Pronto soccorso del Policlinico Umberto I di Roma ha scatenato la rabbia dei cittadini che ogni giorno devono lottare per rivendicare il loro diritto a essere curati.
Spesso però si dimentica che all'interno delle strutture ospedaliere le vittime dei tagli indiscriminati al sistema sanitario non sono solo i malati, ma anche i lavoratori che ogni giorno devono fare i conti con la mancanza di posti letto e di risorse umane.
IN ITALIA 10 MILA MEDICI PRECARI. Il blocco del turn over causa infatti una carenza di medici, infermieri e operatori. E quelli che riescono a trovare un posto, spesso attraverso agenzie interinali, devono accontentarsi di contratti a tempo determinato.
Dei 10 mila medici precari presenti oggi sul territorio nazionale la maggior parte è impiegata proprio nei dipartimenti di emergenza, dove i tagli sono continui, lo stress alle stelle, e protestare per far valere i propri diritti diventa sempre più rischioso.
TURNI MASSACRANTI. Perché allo scadere del contratto, il rinnovo dipende anche da quanto ti sacrifichi in silenzio. «A volte dopo 18 ore di lavoro non ti ricordi neanche come ti chiami», racconta a Lettera43.it Stefano Innocenzi, medico precario di Pronto soccorso da ben nove anni. «Eppure si continua a lavorare perché ormai la carenza di personale è talmente cronica che basta un collega malato per trasformare un turno di otto ore in uno da 18. A volte capita anche che diventino 24».
Diminuiscono i ricoveri ma aumentano gli accessi al Pronto soccorso
Di abbandonare la corsia poi non se ne parla proprio. «Sei passibile di denuncia per interruzione di servizio pubblico», spiega il medico. E così alla fine si finisce a lavorare tutto il giorno sapendo che le ore in più sono gratis. Gli straordinari pagati sono infatti un vero e proprio miraggio.
Innocenzi dal 2003 lavora presso la Asl di Viterbo, prima all'ospedale di Belcolle poi a quello di Tarquinia, e al suo attivo ha ben 15 contratti, di tre o sei mesi l'uno, o al massimo di un anno.
NEL 2011, 300 ORE DI STRAORDINARIO GRATIS. Nel 2011 ha accumulato 300 ore di straordinari, ma 188 gli sono state tolte, e le rimanenti anziché essere pagate deve recuperarle non andando a lavoro. «Vorrebbe dire che nel 2012 per due mesi non dovrei proprio entrare in corsia».
Impossibile, visto che - come testimoniano i dati degli Annuari statistici del ministero della Salute - in Italia diminuiscono i ricoveri ma aumentano gli accessi al Pronto soccorso: nel 1997 erano 21.274.174 (ricoverati il 26,1%), nel 2008 sono arrivati a 22.451.621 (ricoverati il 16%), con un trend degli accessi ancora in crescita nel 2009, con 22.741.500 pazienti e un'ulteriore diminuzione percentuale dei ricoverati (il 15,5%).
«Per questo i medici e gli infermieri hanno compiti sempre più gravosi», ha denunciato Massimo Cozza, segretario nazionale Fp-Cgil medici, «a causa di un irresponsabile blocco del turn over, sono costretti a operare in condizioni che a volte avviliscono la loro professionalità e la dignità dei pazienti».
SU 22 MEDICI 13 SONO PRECARI. A Viterbo certo la situazione non è come a Roma o a Napoli, ma al Pronto soccorso di Belcolle, ospedale che da anni aspetta il completamento dei lavori, su 22 medici 13 sono precari. In quello di Tarquinia, invece, dove Innocenzi lavora tutti i giorni, i medici d'urgenza dovrebbero essere nove ma da tempo sono solo sei, di cui due precari.
TENSIONE QUOTIDIANA. Una condizione che non aiuta certo a lavorare con più serenità. «È come avere una spada di Damocle sulla testa, puoi rivendicare i tuoi diritti ma sempre in maniera soft perché temi di sollevare discussioni e dar fastidio», dice Innocenzi.
E così anche chiedere il riconoscimento dello scatto di anzianità in busta paga diventa un ostacolo, non solo perché con i contratti precari rinnovati di sei mesi in sei mesi rivendicare cinque anni di lavoro è problematico, «ma anche perché alla fine per risparmiare potrebbero prendere un altro medico che ha meno anzianità e quindi una retribuzione più bassa».
«Alla Regione conviene tenerci precari»
E così lavorare in silenzio e spesso gratis è ormai routine nelle strutture ospedaliere italiane, dove il blocco del turn over ha creato carenze croniche e i precari ricoprono posti vacanti che non saranno mai ripristinati. «La colpa non è però dell'Asl ma della Regione che non dà i fondi per assumere il personale necessario», sottolinea Innocenzi, «a loro conviene tenerci precari non perché ci pagano di meno, ma perché nel bilancio figuriamo come una spesa transitoria e non fissa».
LA DIMINUZIONE DELLE STRUTTURE. Con il decreto Polverini per il riordino della rete ospedaliera, per esempio, nonostante all'ospedale di Belcolle i lavori siano ancora in corso, si sono chiusi i primi soccorsi delle strutture periferiche di Acquapendente, Ronciglione e Monte Fascione. «Sono stati trasformati in punti di primo intervento per risparmiare», spiega Innocenzi, «così quando i malati di quelle zone dopo un viaggio di 40 minuti per raggiungere il Pronto soccorso arrivano da noi, che fatichiamo anche a trovare una barella, gli animi si accendono».
L'AIUTO DELLE FORZE DELL'ORDINE. «Durante la notte spesso chiediamo il sostegno delle forze dell'ordine», ammette il medico, «perché più di una volta siamo stati aggrediti. E non solo a parole».
Il medico diventa allora anche psicologo: «Mi trovo davanti i parenti del malato che rivendicano il diritto all'assistenza e noi medici facciamo da scudo alle carenze del sistema sanitario».
«ARMATI SOLO DI BUONA VOLONTÀ». Un lavoro, quello del Pronto soccorso, non solo stressante e usurante ma anche eroico: «Ogni giorno quando arrivo in corsia spero di riuscire a gestire la situazione e di arrivare sino a sera, al cambio turno», ammette Innocenzi, «perché i problemi qui si risolvono solo grazie alla passione e alla buona volontà del personale».
Ma di passione non si vive per sempre. Soprattutto quando si lavora in media 18 ore al giorno e «il giorno prima della scadenza del contratto non sai neanche se l'indomani potrai tornare in corsia».
Giovedì, 23 Febbraio 2012
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