La ricongiunzione alleggerisce il portafoglio del lavoratore, che può arrivare a sborsare anche 300mila euro. Prima della manovra d'estate (legge 122/2010), quella verso l'Inps era gratuita, mentre quelle "fuori dall'Inps" erano a pagamento, salvo casi particolari, quali, per esempio, gli statali (legge 322/58), i fondi elettrici e telefonici, il fondo Volo e altri: in questi casi, infatti, pur essendo fuori dall'ente le ricongiunzioni erano gratuite.
Con le nuove regole - introdotte l'anno scorso per impedire che le dipendenti pubbliche potessero spostare gratis i loro contributi dall'Inpdap all'Inps ed evitare in questo modo l'innalzamento dell'età pensionabile - dal 1° luglio 2010 tutte le ricongiunzioni, a prescindere dalla gestione di provenienza e di destinazione, sono diventate a titolo oneroso (si veda anche Il Sole 24 Ore del 30 dicembre 2010).
Per rendere l'idea della spesa che si cela dietro l'operazione, basta una simulazione: un dirigente telefonico di 59 anni ha 19 anni di contributi nell'Inps (Ago, assicurazione generale obbligatoria). Ha anche 18 anni di contributi nel Fondo telefonici, soppresso e confluito nell'istituto di previdenza, e tre anni nell'ex Fondo ferrovie, anch'esso passato all'ente. Gli potrebbe convenire la ricongiunzione di tutti i contributi nell'Inps. L'operazione, tuttavia, non sarebbe proprio a costo zero. Facciamo qualche calcolo: il dirigente ha una retribuzione annua di 260mila euro. Se decide di ricongiungere i contributi maturati all'Inps, deve pagare circa 285mila euro. Con questa mossa, consegue un'unica pensione, dell'importo di 170mila euro l'anno. Se invece non optasse per la ricongiunzione ma per la totalizzazione dei contributi, avrebbe tre quote di pensione distinte: una di 35mila dall'Inps, una di circa 10mila euro dal Fondo Ferrovie e circa 80mila dal Fondo telefonici. Il lavoratore, infine, avrebbe una terza possibilità: ricongiungere tutto non nell'Inps ma nel Fondo telefonici. In questa ipotesi, a causa del particolare meccanismo di calcolo (detto della "retribuzione teorica") che si applica per questo Fondo, conseguirebbe un'unica pensione di 135mila euro, pagando però un onere di ricongiunzione di 210mila euro. Il che, se paragonato alla prima ipotesi, quella di ricongiunzione all'Inps, significa 75mila euro in meno da pagare, ma anche 35mila euro di pensione in meno all'anno. In entrambe le ipotesi, il lavoratore potrà scaricare dalle tasse il 43% della somma spesa sostenuta per la ricongiunzione.
Fin qui i numeri. Ci sono poi le storie, quelle reali. I lavoratori travolti dal passaggio dalla ricongiunzione gratuita a quella onerosa denunciano la mancanza di gradualità nell'applicazione del nuovo meccanismo. Un vicolo cieco che produce conseguenze pesanti per chi sta ultimando il proprio percorso lavorativo e non può più ricalibrare le strategie professionali. Stefano da 12 anni è dirigente d'azienda. Il prossimo anno raggiungerà i requisiti per la pensione d'anzianità secondo i criteri Inps (l'ente in cui è confluita la contribuzione ex Inpdai) in regime retributivo. Ha circa 22 anni di contribuzione precedente alla nomina a dirigente, che si trovano all'Enpals. Fino all'entrata in vigore della legge 122, il trasferimento dei contributi tra Enpals e Inps avveniva a titolo gratuito. «Per cui - spiega il dirigente - non avevo ancora richiesto il ricongiungimento ritenendo di farlo con il giusto anticipo rispetto alla richiesta di pensionamento. Il mancato esercizio di quella che era una mia facoltà fino al 30 giugno scorso ha determinato questa conseguenza: con il sistema retributivo e con gli attuali 34 anni circa di anzianità contributiva, dovrei andare in pensione con i criteri Enpals, riscuotendo circa il 28% della mia attuale retribuzione».
Con le nuove regole - introdotte l'anno scorso per impedire che le dipendenti pubbliche potessero spostare gratis i loro contributi dall'Inpdap all'Inps ed evitare in questo modo l'innalzamento dell'età pensionabile - dal 1° luglio 2010 tutte le ricongiunzioni, a prescindere dalla gestione di provenienza e di destinazione, sono diventate a titolo oneroso (si veda anche Il Sole 24 Ore del 30 dicembre 2010).
Per rendere l'idea della spesa che si cela dietro l'operazione, basta una simulazione: un dirigente telefonico di 59 anni ha 19 anni di contributi nell'Inps (Ago, assicurazione generale obbligatoria). Ha anche 18 anni di contributi nel Fondo telefonici, soppresso e confluito nell'istituto di previdenza, e tre anni nell'ex Fondo ferrovie, anch'esso passato all'ente. Gli potrebbe convenire la ricongiunzione di tutti i contributi nell'Inps. L'operazione, tuttavia, non sarebbe proprio a costo zero. Facciamo qualche calcolo: il dirigente ha una retribuzione annua di 260mila euro. Se decide di ricongiungere i contributi maturati all'Inps, deve pagare circa 285mila euro. Con questa mossa, consegue un'unica pensione, dell'importo di 170mila euro l'anno. Se invece non optasse per la ricongiunzione ma per la totalizzazione dei contributi, avrebbe tre quote di pensione distinte: una di 35mila dall'Inps, una di circa 10mila euro dal Fondo Ferrovie e circa 80mila dal Fondo telefonici. Il lavoratore, infine, avrebbe una terza possibilità: ricongiungere tutto non nell'Inps ma nel Fondo telefonici. In questa ipotesi, a causa del particolare meccanismo di calcolo (detto della "retribuzione teorica") che si applica per questo Fondo, conseguirebbe un'unica pensione di 135mila euro, pagando però un onere di ricongiunzione di 210mila euro. Il che, se paragonato alla prima ipotesi, quella di ricongiunzione all'Inps, significa 75mila euro in meno da pagare, ma anche 35mila euro di pensione in meno all'anno. In entrambe le ipotesi, il lavoratore potrà scaricare dalle tasse il 43% della somma spesa sostenuta per la ricongiunzione.
Fin qui i numeri. Ci sono poi le storie, quelle reali. I lavoratori travolti dal passaggio dalla ricongiunzione gratuita a quella onerosa denunciano la mancanza di gradualità nell'applicazione del nuovo meccanismo. Un vicolo cieco che produce conseguenze pesanti per chi sta ultimando il proprio percorso lavorativo e non può più ricalibrare le strategie professionali. Stefano da 12 anni è dirigente d'azienda. Il prossimo anno raggiungerà i requisiti per la pensione d'anzianità secondo i criteri Inps (l'ente in cui è confluita la contribuzione ex Inpdai) in regime retributivo. Ha circa 22 anni di contribuzione precedente alla nomina a dirigente, che si trovano all'Enpals. Fino all'entrata in vigore della legge 122, il trasferimento dei contributi tra Enpals e Inps avveniva a titolo gratuito. «Per cui - spiega il dirigente - non avevo ancora richiesto il ricongiungimento ritenendo di farlo con il giusto anticipo rispetto alla richiesta di pensionamento. Il mancato esercizio di quella che era una mia facoltà fino al 30 giugno scorso ha determinato questa conseguenza: con il sistema retributivo e con gli attuali 34 anni circa di anzianità contributiva, dovrei andare in pensione con i criteri Enpals, riscuotendo circa il 28% della mia attuale retribuzione».
Che fare? Attualmente c'è una proposta di legge bipartisan dei deputati Maria Luisa Gnecchi (Pd) e Giuliano Cazzola (Pdl). Se passerà, ha affermato Gnecchi, «si sommeranno semplicemente gli anni di contributi presso le diverse gestioni e ogni gestore erogherà una parte della pensione in relazione ai contributi che ha ricevuto». «Stiamo pensando di sospendere la normativa fino al gennaio 2012, in modo di aver tempo per approvare la nuova legge», ha aggiunto Cazzola. Il ministro del Lavoro Sacconi ha annunciato la convocazione di un tavolo.
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