PATARNELLO Fabio
Già nella legge 30.12.04 n. 311 (finanziaria 2005) il Legislatore si è occupato del fenomeno e all’art 1, comma 116, ha fatto un unitario riferimento all’utilizzazione da parte delle PP.AA. “di personale a tempo determinato … o con convenzioni ovvero con contratti di collaborazione coordinata e continuativa”.
Peraltro, le tipologie contrattuali utilizzate dalla P.A. (tempo determinato e co.co.co.) per assicurarsi le prestazioni funzionali alla propria organizzazione senza procedere ad assunzioni a tempo indeterminato, erano e sono formalmente ben distinte; e tuttavia, nella prassi amministrativa del settore pubblico, i contratti di co.co.co. sono stati utilizzati per mascherare rapporti di impiego di tipo subordinato (sia pure a tempo determinato), come risulta evidente dall’esistenza di indici precisi:
a. l’incisivo potere di coordinamento dell’organizzazione pubblicistica, che ha definito in dettaglio il contenuto delle prestazioni e ne ha controllato lo svolgimento;
b. il carattere della continuità, che ha consentito di protrarre il rapporto oltre i termini definiti nella prima sede negoziale;
c. la personalità della prestazione e il concreto atteggiarsi della stessa, ben oltre il limitato oggetto previsto nel contratto co.co.;
d. le esigenze permanenti della pubblica amministrazione alle quali i collaboratori sono stati adibiti;
e. il perdurare dell’assenza di corrispondenti professionalità interne.
Da queste considerazioni e presupposti ha preso avvio l’incisivo e progressivo intervento riformatore operato dal legislatore nazionale con la L. n. 296/06 (finanziaria 2007) e con la L. n. 244/07 (finanziaria 2008), che si sono prefisse alcuni obiettivi ben percepibili dall’analisi del tessuto normativo che le compone:
A. scoraggiare il ricorso da parte delle PP.AA. a forme di lavoro flessibile, per riaffermare come modello standard dell’impiego pubblico il rapporto a tempo indeterminato (art. 36 del DLgs n. 165/01, secondo cui “le pubbliche amministrazioni assumono esclusivamente con contratti di lavoro subordinato a tempo indeterminato”);
B. prevedere limiti temporali precisi per le collaborazioni coordinate e continuative a carattere parasubordinato attraverso una ulteriore novellazione dell’articolo 7 del DLgs. n. 165/01;
C. escludere il ricorso a tali forme di lavoro flessibile e parasubordinato per le esigenze ordinarie connesse al funzionamento delle proprie strutture amministrative;
D. farsi carico dell’ampio precariato che era venuto progressivamente a determinarsi per effetto del ricorso alle varie forme di lavoro flessibile, favorendo procedure di stabilizzazione del personale da anni in servizio presso le diverse PP.AA. con contratti a tempo determinato o con co.co.co.
Trattasi all’evidenza di una esigenza di tutela determinata appunto dalla impossibilità di rinnovare il ricorso a tali forme di lavoro flessibile per il futuro e dalla consapevolezza dell’utilizzo improprio fatto dalle PP.AA. di tali forme di lavoro, per fare fronte ad esigenze organizzative ordinarie senza procedere ad assunzioni del personale (anche in ragione dei diversi “blocchi delle assunzioni” succedutisi negli ultimi anni).
Si è dunque trattato di un complessivo e progressivo disegno riformatore che nella sua prima fase (finanziaria 2007) ha previsto:
- una stabilizzazione a domanda del personale non dirigenziale in servizio a tempo determinato (e quindi con una trasformazione a tempo indeterminato del rapporto in essere) a condizione che lo stesso fosse stato assunto mediante procedure selettive di natura concorsuale o previste dalle norme di legge, che i contratti fossero stati stipulati anteriormente alla data del 29.09.2006 e che la prestazione del servizio avesse coperto almeno tre anni anche non continuativi alla data dell’entrata in vigore della legge;
- la riserva nel triennio 2007 – 2009 di una quota non inferiore al 60% (possibile, quindi, di essere ben maggiore) nelle prove selettive volte all’assunzione di personale a tempo determinato in favore di soggetti titolari di uno o più contratti di collaborazione coordinata e continuativa, per la durata complessiva di almeno un anno raggiunta alla data del 29.09.2006.
Ancora una volta, quindi, il legislatore ha preso atto della contiguità e contaminazione determinatasi tra le due forme di lavoro flessibile, soprattutto per l’utilizzo da parte delle PP.AA di forme di co.co.co., risultanti nella sostanza contratti di impiego subordinato a termine.
Il complessivo disegno riformatore è venuto a completarsi, in una logica di razionale evoluzione dell’ordinamento, con le disposizioni contenute nella finanziaria 2008.
Il riferimento è in particolare alle disposizioni contenute nel comma 94 dell’articolo 3, che ha previsto la possibilità per le pubbliche amministrazioni di prevedere, nell’ambito della programmazione triennale dei fabbisogni per gli anni 2008, 2009 e 2010, piani per la progressiva stabilizzazione del seguente personale non dirigenziale, tenuto conto dei differenti tempi di maturazione dei relativi requisiti; e cioè:
- dei titolari di contratti a tempo determinato, di cui era già stata prevista la stabilizzazione a domanda dal comma 558 della finanziaria per l’anno 2007, novellato con la posticipazione al 29.09.07 del termine entro cui il contratto a termine doveva essere stipulato per effetto del comma 90 dello stesso articolo 3 della finanziaria 2008;
- dei titolari di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa, la cui stabilizzazione era già stata prevista dall’articolo 1 comma 560 della legge 27.12.06 n. 296 (finanziaria 2007), cui il comma 94 dell’articolo 3 della legge finanziaria del 2008 opera un rinvio dinamico (“fermo restando quanto previsto dall’articolo 1 comma 560 della Legge 27.12.06 n. 296”), anche per questi posticipando al 28.09.2007 la maturazione dei requisiti soggettivi.
A ciò la Legge finanziaria 2008 ha aggiunto, con l’art. 3 comma 106, limitatamente al 2008, la possibilità di riservare, nei bandi per le assunzioni a tempo indeterminato, una quota fino al 20% al personale con tre anni di lavoro subordinato presso PP.AA. in virtù di contratti stipulati prima del 28.09.2007, nonché il riconoscimento, in termini di punteggio, del servizio prestato presso le pubbliche amministrazioni per almeno tre anni, anche non continuativi, nel quinquennio antecedente al 28.09.2007, in virtù di contratti co.co.co. stipulati anteriormente alla medesima data.
Con riferimento a quanto previsto dalla lett. b) del comma 94 (stabilizzazione dei co.co.co.), l’Associazione dei Comuni (ANCI) si è espressa con un proprio parere, ritenendo che la norma configuri un percorso di stabilizzazione che passa da procedure selettive riservate, “… idonee a garantire la rispondenza delle professionalità (anche espresse durante i rapporti di collaborazione), oltre che dei titoli culturali posseduti dai candidati, agli effettivi bisogni d’organico degli enti, in stretta correlazione ai profili e alle categorie parametrali alle attività svolte … valutando la definizione di adeguate norme regolamentari, dirette a stabilire eventuali precedenze, prove comparative e modalità di scelta dei candidati, sulla scorta del prioritario e dirimente interesse pubblico al consolidamento dei rapporti, soprattutto quando la dotazione organica non risulti sufficiente a dar sfogo a tutte le aspettative di stabilizzazione”.
All’interno di questo complessivo quadro normativo, uno specifico ulteriore aspetto è quello legato all’inutilizzabilità (almeno sul piano formale) nelle PP.AA. dei contratti c.d. “a progetto”, introdotti nel settore privato dall’art. 1, comma 2, del D.Lgs. 276/2003 (c.d. legge Biagi).
E’ tuttavia vero che le amministrazioni pubbliche, sia pure nel rispetto di quanto previsto dall’art. 7 D.Lgs. 165/2001, hanno spesso utilizzato la forma dei co.co.co. per realizzare specifici “progetti”, ritenuti strategici per l’azione amministrativa e affidati a professionisti di alta “specializzazione”.
Nella Regione Puglia, in particolare, l’utilizzazione dei co.co.co. agganciati alla realizzazione di specifici “progetti” è stata certamente assai diffusa, in particolare nel settore della “sanità pubblica”. E’ accaduto di frequente, infatti, che le ASL provinciali abbiano reclutato personale di “alta specializzazione” dall’esterno, per realizzare progetti ritenuti essenziali, perché esecutivi del Piano Nazionale di Prevenzione, poi tradotto su basi regionali dai Piani Regionali di Prevenzione (anni 2005-2007 e poi 2009-2012).
Sul piano giuridico tali rapporti contrattuali hanno indubbiamente suscitato un notevole interesse, perché hanno posto l’interprete di fronte al problema di individuare la disciplina applicabile ai co.co.co. stipulati dalla PA in previsione della realizzazione uno specifico “progetto”.
Recentemente, si è occupato di problematiche legate alla disciplina dei co.co.co. stipulati dalla ASL BR nella Regione Puglia, il Tribunale del lavoro di Brindisi, con una decisione che ha già suscitato notevoli discussioni (Tribunale di Brindisi, ordinanza 9-10.5.2011, GdL dott. F.De Giorgi – C. c ASL BR) .
Un professionista assunto dall’Azienda con contratto co.co.co. nel 2008, per realizzare un importante progetto rientrante nel PNP 2005-2007, si era visto risolvere unilateralmente e improvvisamente il rapporto di lavoro dall’ASL nel gennaio 2011, durante l’esecuzione del progetto, in virtù del limite disposto dall’art. 4 D. Lgs. 368/2001 per le proroghe dei contratti “a tempo determinato” (tre anni). Eppure, come era noto alla medesima ASL, il progetto aveva avuto avvio effettivo solo due anni dopo l’assunzione del professionista (nel maggio 2010), che pertanto non era stato messo nelle condizioni oggettive di eseguire la propria prestazione da parte dell’Azienda, che per circa due anni lo aveva utilizzato per attività diverse e ulteriori rispetto a quelle oggetto del co.co.co.
Accogliendo il ricorso proposto in via cautelare e urgente dal professionista, il Tribunale di Brindisi ha stabilito alcuni principi davvero importanti nel definire il perimetro normativo dei contratti co.co.co. della pubblica amministrazione, legati alla realizzazione di uno specifico progetto:
- la durata del contratto stabilita nel co.co.co., se finalizzata alla realizzazione di un progetto, è necessariamente agganciata alla realizzazione dello stesso, sicché è doverosa la proroga del rapporto inizialmente previsto come annuale, per consentire all’interessato di effettuare la propria prestazione;
- gli anni di durata del contratto devono iniziare a decorrere nello stesso momento in cui vi è la possibilità oggettiva di adempiere la prestazione da parte del professionista incaricato;
- appare irragionevole e contraria a principi di buona fede nella esecuzione del contratto l’interruzione del rapporto da parte dell’ASL prima che il professionista sia messo nelle condizioni di adempiere a quanto pattuito;
- non ostano alla prosecuzione del rapporto le disposizioni normative che limitano a 36 mesi il rinnovo dei rapporti di lavoro previsti dall’art. 4 D. Lgs. 368/2001 per i rapporti a tempo determinato di tipo subordinato, non estensibili ai co.co.co.
Analizzando i contenuti dell’ordinanza del Tribunale di Brindisi risulta allora chiaro come, nonostante la previsione legislativa formalmente escluda la figura contrattuale del co.co.pro. nei rapporti di lavoro con le PP.AA., tale figura contrattuale sia stata ripetutamente utilizzata nella prassi amministrativa.
Nel caso in cui l’Amministrazione abbia ritenuto di agganciare ad uno specifico progetto un rapporto di co.co.co. la prestazione sarà calibrata – come accade nel settore privato – alla realizzazione del progetto, senza i limiti temporali indicati dalla normativa applicabile ai rapporti “subordinati” a tempo “determinato” (tre anni), difficilmente compatibili con la previsione pattizia legata al raggiungimento di un obiettivo (il progetto, appunto), ferma restando la necessità che il rapporto conosca limiti temporali determinati, secondo quanto previsto dall’art. 7 D.Lgs. 165/2001.
Peraltro, le tipologie contrattuali utilizzate dalla P.A. (tempo determinato e co.co.co.) per assicurarsi le prestazioni funzionali alla propria organizzazione senza procedere ad assunzioni a tempo indeterminato, erano e sono formalmente ben distinte; e tuttavia, nella prassi amministrativa del settore pubblico, i contratti di co.co.co. sono stati utilizzati per mascherare rapporti di impiego di tipo subordinato (sia pure a tempo determinato), come risulta evidente dall’esistenza di indici precisi:
a. l’incisivo potere di coordinamento dell’organizzazione pubblicistica, che ha definito in dettaglio il contenuto delle prestazioni e ne ha controllato lo svolgimento;
b. il carattere della continuità, che ha consentito di protrarre il rapporto oltre i termini definiti nella prima sede negoziale;
c. la personalità della prestazione e il concreto atteggiarsi della stessa, ben oltre il limitato oggetto previsto nel contratto co.co.;
d. le esigenze permanenti della pubblica amministrazione alle quali i collaboratori sono stati adibiti;
e. il perdurare dell’assenza di corrispondenti professionalità interne.
Da queste considerazioni e presupposti ha preso avvio l’incisivo e progressivo intervento riformatore operato dal legislatore nazionale con la L. n. 296/06 (finanziaria 2007) e con la L. n. 244/07 (finanziaria 2008), che si sono prefisse alcuni obiettivi ben percepibili dall’analisi del tessuto normativo che le compone:
A. scoraggiare il ricorso da parte delle PP.AA. a forme di lavoro flessibile, per riaffermare come modello standard dell’impiego pubblico il rapporto a tempo indeterminato (art. 36 del DLgs n. 165/01, secondo cui “le pubbliche amministrazioni assumono esclusivamente con contratti di lavoro subordinato a tempo indeterminato”);
B. prevedere limiti temporali precisi per le collaborazioni coordinate e continuative a carattere parasubordinato attraverso una ulteriore novellazione dell’articolo 7 del DLgs. n. 165/01;
C. escludere il ricorso a tali forme di lavoro flessibile e parasubordinato per le esigenze ordinarie connesse al funzionamento delle proprie strutture amministrative;
D. farsi carico dell’ampio precariato che era venuto progressivamente a determinarsi per effetto del ricorso alle varie forme di lavoro flessibile, favorendo procedure di stabilizzazione del personale da anni in servizio presso le diverse PP.AA. con contratti a tempo determinato o con co.co.co.
Trattasi all’evidenza di una esigenza di tutela determinata appunto dalla impossibilità di rinnovare il ricorso a tali forme di lavoro flessibile per il futuro e dalla consapevolezza dell’utilizzo improprio fatto dalle PP.AA. di tali forme di lavoro, per fare fronte ad esigenze organizzative ordinarie senza procedere ad assunzioni del personale (anche in ragione dei diversi “blocchi delle assunzioni” succedutisi negli ultimi anni).
Si è dunque trattato di un complessivo e progressivo disegno riformatore che nella sua prima fase (finanziaria 2007) ha previsto:
- una stabilizzazione a domanda del personale non dirigenziale in servizio a tempo determinato (e quindi con una trasformazione a tempo indeterminato del rapporto in essere) a condizione che lo stesso fosse stato assunto mediante procedure selettive di natura concorsuale o previste dalle norme di legge, che i contratti fossero stati stipulati anteriormente alla data del 29.09.2006 e che la prestazione del servizio avesse coperto almeno tre anni anche non continuativi alla data dell’entrata in vigore della legge;
- la riserva nel triennio 2007 – 2009 di una quota non inferiore al 60% (possibile, quindi, di essere ben maggiore) nelle prove selettive volte all’assunzione di personale a tempo determinato in favore di soggetti titolari di uno o più contratti di collaborazione coordinata e continuativa, per la durata complessiva di almeno un anno raggiunta alla data del 29.09.2006.
Ancora una volta, quindi, il legislatore ha preso atto della contiguità e contaminazione determinatasi tra le due forme di lavoro flessibile, soprattutto per l’utilizzo da parte delle PP.AA di forme di co.co.co., risultanti nella sostanza contratti di impiego subordinato a termine.
Il complessivo disegno riformatore è venuto a completarsi, in una logica di razionale evoluzione dell’ordinamento, con le disposizioni contenute nella finanziaria 2008.
Il riferimento è in particolare alle disposizioni contenute nel comma 94 dell’articolo 3, che ha previsto la possibilità per le pubbliche amministrazioni di prevedere, nell’ambito della programmazione triennale dei fabbisogni per gli anni 2008, 2009 e 2010, piani per la progressiva stabilizzazione del seguente personale non dirigenziale, tenuto conto dei differenti tempi di maturazione dei relativi requisiti; e cioè:
- dei titolari di contratti a tempo determinato, di cui era già stata prevista la stabilizzazione a domanda dal comma 558 della finanziaria per l’anno 2007, novellato con la posticipazione al 29.09.07 del termine entro cui il contratto a termine doveva essere stipulato per effetto del comma 90 dello stesso articolo 3 della finanziaria 2008;
- dei titolari di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa, la cui stabilizzazione era già stata prevista dall’articolo 1 comma 560 della legge 27.12.06 n. 296 (finanziaria 2007), cui il comma 94 dell’articolo 3 della legge finanziaria del 2008 opera un rinvio dinamico (“fermo restando quanto previsto dall’articolo 1 comma 560 della Legge 27.12.06 n. 296”), anche per questi posticipando al 28.09.2007 la maturazione dei requisiti soggettivi.
A ciò la Legge finanziaria 2008 ha aggiunto, con l’art. 3 comma 106, limitatamente al 2008, la possibilità di riservare, nei bandi per le assunzioni a tempo indeterminato, una quota fino al 20% al personale con tre anni di lavoro subordinato presso PP.AA. in virtù di contratti stipulati prima del 28.09.2007, nonché il riconoscimento, in termini di punteggio, del servizio prestato presso le pubbliche amministrazioni per almeno tre anni, anche non continuativi, nel quinquennio antecedente al 28.09.2007, in virtù di contratti co.co.co. stipulati anteriormente alla medesima data.
Con riferimento a quanto previsto dalla lett. b) del comma 94 (stabilizzazione dei co.co.co.), l’Associazione dei Comuni (ANCI) si è espressa con un proprio parere, ritenendo che la norma configuri un percorso di stabilizzazione che passa da procedure selettive riservate, “… idonee a garantire la rispondenza delle professionalità (anche espresse durante i rapporti di collaborazione), oltre che dei titoli culturali posseduti dai candidati, agli effettivi bisogni d’organico degli enti, in stretta correlazione ai profili e alle categorie parametrali alle attività svolte … valutando la definizione di adeguate norme regolamentari, dirette a stabilire eventuali precedenze, prove comparative e modalità di scelta dei candidati, sulla scorta del prioritario e dirimente interesse pubblico al consolidamento dei rapporti, soprattutto quando la dotazione organica non risulti sufficiente a dar sfogo a tutte le aspettative di stabilizzazione”.
All’interno di questo complessivo quadro normativo, uno specifico ulteriore aspetto è quello legato all’inutilizzabilità (almeno sul piano formale) nelle PP.AA. dei contratti c.d. “a progetto”, introdotti nel settore privato dall’art. 1, comma 2, del D.Lgs. 276/2003 (c.d. legge Biagi).
E’ tuttavia vero che le amministrazioni pubbliche, sia pure nel rispetto di quanto previsto dall’art. 7 D.Lgs. 165/2001, hanno spesso utilizzato la forma dei co.co.co. per realizzare specifici “progetti”, ritenuti strategici per l’azione amministrativa e affidati a professionisti di alta “specializzazione”.
Nella Regione Puglia, in particolare, l’utilizzazione dei co.co.co. agganciati alla realizzazione di specifici “progetti” è stata certamente assai diffusa, in particolare nel settore della “sanità pubblica”. E’ accaduto di frequente, infatti, che le ASL provinciali abbiano reclutato personale di “alta specializzazione” dall’esterno, per realizzare progetti ritenuti essenziali, perché esecutivi del Piano Nazionale di Prevenzione, poi tradotto su basi regionali dai Piani Regionali di Prevenzione (anni 2005-2007 e poi 2009-2012).
Sul piano giuridico tali rapporti contrattuali hanno indubbiamente suscitato un notevole interesse, perché hanno posto l’interprete di fronte al problema di individuare la disciplina applicabile ai co.co.co. stipulati dalla PA in previsione della realizzazione uno specifico “progetto”.
Recentemente, si è occupato di problematiche legate alla disciplina dei co.co.co. stipulati dalla ASL BR nella Regione Puglia, il Tribunale del lavoro di Brindisi, con una decisione che ha già suscitato notevoli discussioni (Tribunale di Brindisi, ordinanza 9-10.5.2011, GdL dott. F.De Giorgi – C. c ASL BR) .
Un professionista assunto dall’Azienda con contratto co.co.co. nel 2008, per realizzare un importante progetto rientrante nel PNP 2005-2007, si era visto risolvere unilateralmente e improvvisamente il rapporto di lavoro dall’ASL nel gennaio 2011, durante l’esecuzione del progetto, in virtù del limite disposto dall’art. 4 D. Lgs. 368/2001 per le proroghe dei contratti “a tempo determinato” (tre anni). Eppure, come era noto alla medesima ASL, il progetto aveva avuto avvio effettivo solo due anni dopo l’assunzione del professionista (nel maggio 2010), che pertanto non era stato messo nelle condizioni oggettive di eseguire la propria prestazione da parte dell’Azienda, che per circa due anni lo aveva utilizzato per attività diverse e ulteriori rispetto a quelle oggetto del co.co.co.
Accogliendo il ricorso proposto in via cautelare e urgente dal professionista, il Tribunale di Brindisi ha stabilito alcuni principi davvero importanti nel definire il perimetro normativo dei contratti co.co.co. della pubblica amministrazione, legati alla realizzazione di uno specifico progetto:
- la durata del contratto stabilita nel co.co.co., se finalizzata alla realizzazione di un progetto, è necessariamente agganciata alla realizzazione dello stesso, sicché è doverosa la proroga del rapporto inizialmente previsto come annuale, per consentire all’interessato di effettuare la propria prestazione;
- gli anni di durata del contratto devono iniziare a decorrere nello stesso momento in cui vi è la possibilità oggettiva di adempiere la prestazione da parte del professionista incaricato;
- appare irragionevole e contraria a principi di buona fede nella esecuzione del contratto l’interruzione del rapporto da parte dell’ASL prima che il professionista sia messo nelle condizioni di adempiere a quanto pattuito;
- non ostano alla prosecuzione del rapporto le disposizioni normative che limitano a 36 mesi il rinnovo dei rapporti di lavoro previsti dall’art. 4 D. Lgs. 368/2001 per i rapporti a tempo determinato di tipo subordinato, non estensibili ai co.co.co.
Analizzando i contenuti dell’ordinanza del Tribunale di Brindisi risulta allora chiaro come, nonostante la previsione legislativa formalmente escluda la figura contrattuale del co.co.pro. nei rapporti di lavoro con le PP.AA., tale figura contrattuale sia stata ripetutamente utilizzata nella prassi amministrativa.
Nel caso in cui l’Amministrazione abbia ritenuto di agganciare ad uno specifico progetto un rapporto di co.co.co. la prestazione sarà calibrata – come accade nel settore privato – alla realizzazione del progetto, senza i limiti temporali indicati dalla normativa applicabile ai rapporti “subordinati” a tempo “determinato” (tre anni), difficilmente compatibili con la previsione pattizia legata al raggiungimento di un obiettivo (il progetto, appunto), ferma restando la necessità che il rapporto conosca limiti temporali determinati, secondo quanto previsto dall’art. 7 D.Lgs. 165/2001.
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